19 aprile 2024
Aggiornato 09:30
Incontro a Pavia di Udine

Riforma degli Enti locali: confronto Riccardi-Martines

Il capogruppo di Fi in Consiglio regionale critica l’impostazione della nuova legge, definendola «monca». Il dem la difende, e annuncia che dotazione finanziaria e mobilità del personale saranno stabilite in una seconda fase, con il coinvolgimento degli amministratori

PAVIA DI UDINE – Per l’uno si tratta di una «riforma che, così com’è abbozzata, non sta in piedi». Per l’altro è solamente «l’inizio di un percorso che si completerà strada facendo». Il tema del riordino degli enti locali è stato affrontato a Pavia di Udine dal capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale, Riccardo Riccardi (l’uno), e dal consigliere regionale, nonché presidente della V Commissione consiliare, espressione del Pd, Vincenzo Martines (l’altro). Un confronto durato quasi due ore che ha permesso di approfondire obiettivi e criticità della riforma, che ridisegnerà la conformazione degli enti locali in Fvg. Un incontro piuttosto partecipato, a cui sono intervenuti diversi amministratori locali (a dare il benvenuto c’era il sindaco di Pavia Emanuela Nonino).

IL PERCHÈ DELLA RIFORMA – Martines è chiaro sulle motivazioni che hanno portato al varo della legge 26 del 2014: «Senza la riforma i piccoli Comuni non si salvano: i trasferimenti sono sempre meno e le amministrazioni con meno di mille abitanti fanno sempre più fatica a chiudere i bilanci. D’ora in poi i Comuni continueranno a fare i Comuni – chiarisce il democratico – ma si aggregheranno per garantire la continuità di alcuni servizi». Visti fallimenti del passato, la Regione ha pensato bene di «imporre» (termine utilizzato da Martines) la delimitazione delle Uti, prendendo come riferimento gli ambiti socio assistenziali. «Si tratta di una soluzione sbagliata nello stesso modo in cui sono sbagliate tutte le altre possibili soluzioni. Non si può accontentare tutti». Martines ribadisce come la riforma sia solo all’inizio: definiti i confini delle Unioni, si provvederà a dotarla di regole per il suo funzionamento.

LE PERPLESSITÀ DI RICCARDI – Proprio dalle poche certezze della riforma parte Riccardi. «A questa legge mancano tre cose principali: una parte finanziaria, la parte relativa alla mobilità del personale e quella sulla pianificazione territoriale. Senza questi tre elementi la riforma è monca». Il forzista mette in evidenza l’incertezza nella quale si stanno muovendo i Comuni, chiamati a fare delle scelte senza conoscere i contenuti precisi della legge di riordino degli enti locali. «La riforma andava fatta – precisa Riccardi – e i principi che l’hanno ispirata sono condivisibili. Però contesto il metodo, perché anziché partire dal basso si è preferito calare dall’alto una riforma. In questo modo si stanno creando tensioni tra Regione e amministratori locali».

BOTTA E RISPOSTA – Tra i temi trattati nel corso della serata, anche quello del ricorso che una cinquantina di sindaci sarebbero pronti a fare contro la riforma. Un’azione che, per Martines, «ha una chiara connotazione politica di destra, sa di boicottaggio», ma che per Riccardi «rappresenta una sconfitta per la politica della giunta Serracchiani». L’esponente del Pd ha aperto al dialogo con gli amministratori, ma nella seconda fase della riforma, quella in cui si dovranno discutere di finanzia pubblica e comparto unico. «Abbiamo fatto il primo passo, forse forzando un po’, ma la legge è flessibile: facciamola partire, poi la rimoduleremo insieme agli amministratori strada facendo. Da parte mia – assicura l’esponente del Pd – sono disponibile anche a cambiare i termini della penalizzazione del 30% per i Comuni che non accettano di aggregarsi». Ma Riccardi non si fa convincere, e resta al presente, criticando l’impostazione della riforma, «che svilisce ruolo e identità dei Comuni mettendo i sindiaci uno contro l’altro».