26 aprile 2024
Aggiornato 06:30
Turismo in fvg

La Tassa di Soggiorno resta solo sulla carta

Mezzo passo indietro della Regione dopo le proteste delle categorie. La giunta deciderà se introdurla o meno solo dopo un confronto con i portatori di interesse

UDINE – La Tassa di soggiorno, per ora, rimane nel cassetto. Dopo le vibranti proteste di sindaci e categorie economiche, la Regione fa un mezzo passo indietro, lasciando aperta la porta al nuovo balzello nella legge sulla finanza locale, ma avvisando che ci vorrà un ulteriore atto di giunta per renderla operativa. Se ne riparla, in sostanza, nei prossimi anni. 

La decisione della giunta
Il vicepresidente Sergio Bolzonello e l'assessore alle Autonomie locali Paolo Panontin hanno trovato una sintesi ‘congelando’, di fatto, la nuova tassa. La giunta infatti, ha deciso di proporre un emendamento alla manovra di assestamento di bilancio, in tema di tassa di soggiorno, per equiparare i comuni capoluogo ai comuni turistici. Contestualmente la nuova norma (che va ad emendare su questo tema la legge regionale sulla finanza degli enti locali, approvata dal Consiglio la scorsa settimana) prevede che la giunta emani un apposito regolamento di attuazione e individuazione dei comuni turistici. E lo farà solo quando se ne ravviseranno le condizioni.

La tassa resta solo sulla carta
Di fatto, dunque, la tassa di soggiorno rimane nell'impianto legislativo sulla finanza locale unicamente come ipotesi. Tuttavia la reale applicazione viene demandata a un successivo atto giuntale, e, in ogni caso, senza prescindere da un costruttivo confronto con le categorie economiche.
In Italia l'imposta o tassa di soggiorno fu istituita nel 1910,  abolita nel 1989 in occasione dei mondiali di calcio e successivamente reintrodotta con due decreti legge: nel 2010 per Roma e l'anno successivo per tutti i comuni italiani. Il gettito è destinato a finanziare in interventi in materia di turismo, fruizione e recupero dei beni culturali e ambientali e relativi servizi pubblici. Attualmente la tassa è applicata dall'8% dei comuni italiani, che però rappresentano il 53% della intera ricettività.