19 aprile 2024
Aggiornato 08:30
Al Future Forum 2016

Serracchiani promuove il sostegno al reddito e boccia il reddito minimo garantito

«In Fvg lo abbiamo chiamato misura attiva di sostegno al reddito: non è una forma assistenziale ma un aiuto temporaneo, in base al quale il beneficiario stringe un patto con la Regione che gli dà un aiuto in cambio di un impegno a riqualificarsi professionalmente»

UDINE - «In Friuli Venezia Giulia lo abbiamo chiamato misura attiva di sostegno al reddito: non è una forma assistenziale ma un aiuto temporaneo, in base al quale il beneficiario stringe un patto con la Regione che gli dà un aiuto in cambio di un impegno a riqualificarsi professionalmente attraverso corsi di formazione o a prendersi un impegno sociale». Lo ha affermato la presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, intervenendo alla seconda giornata del Future Forum in Camera di Commercio a Udine, alla tavola rotonda moderata da Antonio Polito del Corriere della Sera, con Stefano Sacchi dell'Università Statale di Milano ed Emanuele Ferragina di Sciences Po Paris e Università di Oxford.

«Per questa ragione - ha spiegato Serracchiani -  sono contraria a un provvedimento definito reddito minimo garantito, anche perché in Italia c'è una parte del Paese che pensa che uno venga pagato per restare a casa». Nei suoi interventi la presidente ha quindi spiegato che «il Friuli Venezia Giulia è un microcosmo che ha avuto la possibilità di compiere delle azioni in modo più determinato perché ha una situazione di bilancio e di tessuto sociale migliori rispetto ai numeri che può avere il nostro Paese». 
Parallelamente ha anche indicato come «scontiamo un tasso demografico fra i più bassi in Italia: è l'immagine di un Paese che invecchia tanto e che deve riadattare una parte del sistema del welfare». 
Serracchiani ha quindi parlato del Jobs Act: «Siamo la prima Regione in Italia per numero di contratti a tempo indeterminato con un +83%».

Ferragina si è soffermato sul tema delle riforme. «Al Paese servono riforme radicali nel campo del welfare e della gestione della produzione industriale – ha affermato –. In questi anni siamo stati troppo timidi, subendo la crisi europea e le politiche dell’austerità. E’ necessario garantire diritti universali anche ai precari, che oggi sono i più produttivi in Italia, e che si trovano a operare in condizioni non dignitose, senza alcun tipo di protezione sociale»
Un gap che, a detta di Sacchi, negli ultimi due anni il governo sta tentando di colmare. «Le riforme si devono fare ma non possono essere calate dall’alto, ma vanno progettate da tutti noi in modo da ottenere una società più inclusiva ed equa, distribuendo il lavoro tra più persone. Il tasso di occupazione del nostro Paese, infatti, è ancora troppo basso. Una riforma positiva in tal senso – ha chiuso – è stato il Jobs Act, che sta portando più lavoro grazie alla segmentazione e alla ridefinizione dei contratti».