19 aprile 2024
Aggiornato 01:00
Incontro a Udine

Referendum del 17 aprile: si muove il Comitato per il sì e trova consensi anche nel Pd

Nonostante l’invito all’astensione del premier Renzi, Carlo Pegorer e Gianna Malisani hanno annunciato la propria intenzione a votare 'sì', 'attaccando' il governo per come ha gestito la questione referendum. Vorranno a favore anche Rizzato (FdI) e Pellegrino (Sel)

UDINE – Dal Friuli si alza la voce di coloro che sostengono il referendum ‘anti-trivelle’ del 17 aprile. Non si tratta, però, solo delle associazioni ambientaliste o culturali, ma anche di alcuni parlamentari, dem compresi. Nonostante l’invito all’astensione del premier Matteo Renzi, nel corso della presentazione del Comitato regione Fvg ‘Vota Sì per fermare le trivelle’, Carlo Pegorer e Gianna Malisani (entrambi esponenti del Pd) non solo hanno invitato la gente ad andare a votare, ma si sono schierati apertamente per il 'sì'. «Renzi ha lasciato libertà di scelta», si sono difesi. Insieme a loro, all'osteria la Ciacarade, c'erano la parlamentare di Sel, Serena Pellegrino, e il neo acquisto di Fratelli d’Italia (ex grillino), Walter Rizzetto.

Le ragioni del voto per Pegorer e Malisani
«Il voto è un diritto acquisito con fatica da chi ci ha preceduto, quindi è importante esercitarlo – ha chiarito Pegorer –. La partecipazione va promossa ed è giusto che se ne parli il più possibile. Detto questo, va sottolineato come il referendum avrebbe potuto essere evitato, se solo il governo si fosse confrontato con le comunità locali. C’è stata sicuramente una leggerezza da parte del governo. Se si raggiungerà il quorum e se saranno i ‘sì’ a vincere – ha concluso – si potrà riprendere una discussione pubblica sul tema delle trivellazioni». Pegorer non ha problemi a schierarsi ‘contro’ Renzi, così come la collega parlamentare friulana Malisani. «Il Pd ha commesso un errore politico invitando i cittadini a non andare a votare - ha dichiarato Malisani -. Va però sottolineato che molto è stato fatto dal governo rispetto alle richieste iniziali di chi ha promosso il referendum. Manca la parte di chiusura delle concessioni: per questo è importante andare a votare e votare 'sì', per non lasciare la questione in sospeso». Il ‘sì’, infatti, chiede il rispristino della norma antecedente alla legge di Stabilità 2016, che prevede una scadenza temporale per ogni concessione di petrolio e gas in mare entro le 12 miglia dalla costa.

Perché votare sì
A favore del sì si sono espressi Sandro Cargnelutti, Marisa Duca e Gabriele Cragnolini. Hanno motivato la propria posizione parlando di inquinamento del mare, della necessità di abbandonare le fonti energetiche fossili (l’Italia si è impegnata a farlo nella recente Conferenza sul clima di Parigi), delle possibilità lavorative offerte dalle energie rinnovabili. E’ stato inoltre ricordato il referendum sul nucleare del 1987, anch’esso determinante per delineare la politica energetica dell’Italia negli anni a venire. «Il futuro del nostro Paese – è stato detto – non sono petrolio e metano, ma il turismo, il paesaggio, la pesca, l’innovazione industriale, la biodiversità, le energie alternative. La partecipazione democratica dei cittadini va incoraggiata».

La posizione di Pellegrino e Rizzetto
«Bisogna votare ‘sì’ perché abbiamo detto no al nucleare ma non l’abbiamo mai fatto per le energie fossili. Serve una virata vera verso le rinnovabili – ha evidenziato Serena Pellegrino – che sono in grado di generale molti posti di lavoro. Con un incentivo di 1 miliardo di euro, a parità di condizioni, le fonti fossili creano 500 posti di lavoro, le energie rinnovabili 17 mila. Riflettiamo su questo: invitare all’astensione credo sia l’errore più grande che si possa fare». Rizzetto ha portato l’esempio dell’azienda in cui ha lavorato 15 anni per dimostrare come «di rinnovabili si possa vivere». Ha inoltre espresso il proprio rammarico per la scelta di non organizzare il referendum insieme alle amministrative del 5 giugno: «Con un election day avremmo risparmiato 350 milioni di euro – ha assicurato – cifra importante se si pensa che le compagnie petrolifere, ogni anno, versano all’Italia ‘solo’ 180 milioni di euro».