19 aprile 2024
Aggiornato 07:30
Verso il 2018

Udine e il ventennio delle giunte di centrosinistra

Il capoluogo friulano, da quattro lustri, è l’incubo di un centro destra arruffone, imparaticcio, di basso profilo, diviso e soprattutto incapace di trovare un candidato vincente

UDINE - Il 7 maggio 1995 l’avvocato Enzo Barazza diventa sindaco di Udine battendo al ballottaggio Silvana Olivotto. È il battesimo del ventennio delle giunte di centrosinistra nel capoluogo del Friuli, città che alle politiche continua a scegliere il centrodestra. Udine è da quattro lustri l’incubo di un centro destra arruffone, imparaticcio, di basso profilo, diviso e soprattutto incapace di trovare un candidato in grado di coagulare le varie anime di una coalizione in cerca di identità.

Il centro destra, da 21 anni, si dimostra 'diviso alla meta'
Nel 2013 lo stesso centrodestra, in un orgasmo da  cupio dissolvi, regala alla ‘zarina’ Serracchiani la Regione. Lei esulta, ma i meriti della sua vittoria – quelli veri – sono ascrivibili a rancori personali, a vendette, a ripicche di un centrodestra  ormai in balia dei suoi deliri. Sconfitta dopo sconfitta, regalo dopo regalo, le cose non cambiano. A poche settimane dal voto amministrativo, il centro destra di Trieste e Pordenone riesce a presentarsi in ordine sparso sicché Dipiazza e Ciriani dovranno combattere contro due avversari: il candidato del centro sinistra e le liste dei ‘parenti serpenti’. Insomma, da quel 7 maggio di 21 anni fa nulla è cambiato dentro il centro destra che continua imperterrito nella sua politica del ‘divisi alla meta’.

'Bisogna voler perdere'
Ricordate la famosa canzone dei the Rokes cantata nel 1967 al festival di Sanremo? Bene, il centro destra ha cambiato uno dei due verbi di quel ‘Bisogna  saper perdere’ facendolo  diventare il refrain, anzi, lo slogan di troppe campagne elettorali: ‘Bisogna voler perdere’. Non spettano a me analisi politologiche, né valutazioni di merito. Chi volesse approfondire il problema non deve fare altro che  accedere a Google e scrivere ‘il masochismo del centro destra’ per vedersi assicurato un fine settimana di aneddoti sul vademecum sadomaso di uno schieramento che bene farebbe a rileggersi la storia della Dc, partito di sanguinose guerre interne, ma capace di trasformarsi in un esercito coeso e vincente  in vista di ogni appuntamento elettorale.

Fedriga verso una candidatura «controvoglia» nel 2018?
Trieste e Pordenone oltre ai tanti altri Comuni al voto. E sullo sfondo già si allunga l’ombra delle regionali del 2018. Le quotazioni della  ‘zarina’ – grazie soprattutto alla sua prepotenza e alla sua presunzione – sono decisamente in calo. Il centro destra lo avverte, ma cosa fa? Nulla. Anzi, no, si prepara all’ennesima guerra interna con i sabotatori di turno (Saro docet), pronti a fare di una possibile coalizione vincente uno spezzatino informe e poco appetibile per gli elettori. Da mesi il leader nazionale del Carroccio, Matteo Salvini, ripete che il candidato alla guida della Regione per il centro destra dovrà essere il segretario regionale e capogruppo alla Camera, Massimiliano Fedriga. Ma è meglio chiarire subito che si tratta di un equivoco. Fedriga è un bravo ragazzo, ha un viso acqua e sapone, ha portato una ventata di bon ton nella Lega, buca il video, è amico della stampa locale che gli dovrebbe essere ostile, ma non ha alcuna intenzione di lasciare la Camera per uno scranno in Regione anche se ripete di essere un soldato e che come tale obbedisce.

Largo ai giovani...
E allora? La vecchia guardia giura – leggere le ultime interviste di Tondo – che bisogna fare largo ai giovani. Peccato che di giovani il centro destra ne abbia pochi da poter lanciare così in alto, legittimando così le ambizioni dei soliti nomi noti che la guerra in Regione la fanno soprattutto tra loro piuttosto che al centrosinistra. A meno che dal cilindro frusto e ammuffito di una coalizione a caccia di leader e linea politica non spunti davvero l’uomo nuovo. Il sindaco di Gemona, Paolo Urbani ci crede e ci spera da tempo, ma è difficile capire dove potrebbe trovare le truppe cammellate. Il primo cittadino di Cividale, Stefano Balloch, sta invece – anche qui complice la stampa locale che conta, trasversale quel tanto che basta per non apparire sfrontatamente filo-Serracchiani – accreditandosi giorno dopo giorno come possibile leader. Dovesse andare così dovrà fare i conti sul tiro al piccione che i suoi ‘fratelli coltelli’ metteranno in atto nel solco dell’inno che non vogliono cambiare: ‘Bisogna voler perdere’.