25 aprile 2024
Aggiornato 17:30
Dal 22 maggio al 9 ottobre

‘Oltre. In viaggio con cercatori, fuggitivi, pellegrini’: nuova mostra per Illegio

Alla ‘Casa delle Esposizioni’ sarà possibile intraprendere un percorso suggestivo e raffinato fatto di oltre quaranta dipinti su tela e su tavola, suddivisi in cinque sezioni tematiche, provenienti da 30 collezioni pubbliche e private italiane ed europee

TOLMEZZO - «Viaggiare è il simbolo dell’insopprimibile desiderio dell’uomo di trovare il senso, di superare se stesso, di vivere in pienezza». La nuova mostra di Illegio – inaugurata il 22 maggio alle 16 – narra proprio questo. E lo fa da subito, come consuetudine, con il suo titolo: ‘Oltre. In viaggio con cercatori, fuggitivi, pellegrini’. Una rassegna, dunque, che come Monsignor Angelo Zanello, presidente del Comitato di San Floriano, ha spiegato: «È la continuazione di un intreccio tra cultura, fede, promozione sociale e turismo che giunge all’anno 2016, consolidando sempre più un progetto tenacemente voluto e realizzato dal 2003». Un approfondimento non casuale. Mai, infatti, si può dire questo della curatela di don Alessio Geretti, il quale ancora una volta svela, attraverso opere di straordinaria bellezza e intensità comunicativa, come la Bibbia sia attuale e racconti (anche) storie di vita quotidiana.

Ricadute provocatorie
Il viaggio dunque. Di cui «ha sempre parlato la sacra scrittura, che racconta la fede come fosse un viaggio», appunto. Sì, perchè come Geretti ha ricordato: «La mobilità è l’asse portante di tutta la sacra scrittura e dell’esperienza della fede giudaico cristiana. Ma era anche l’archetipo più suggestivo cui guardano la letteratura e la poesia antiche». Così quest’anno per Illegio un tema sicuramente stimolante, ma che, come precisato da Zanello, «ha ricadute provocatorie, forse a tratti scandalizzanti, per il nostro contesto sociale umano» nel quale oramai si è persa la memoria degli «avi migranti, cramârs, profughi, esuli o deportati».

Un paese che si mobilita e due ospiti speciali
Ed ecco che come un lampo di luce in quel piccolo paesino di 360 anime, dove si è ormai costruito qualcosa di unico e dove tutti sono e si sentono parte integrante di un unico piccolo-grande progetto - oltre 250 mila visitatori fino ad oggi - «abbiamo voluto ripresentare alla memoria, con un itinerario nell’arte, il dramma di milioni di persone che oggi affrontano e vivono condizioni tragicissime alla ricerca di pane e di pace». Ma si sa, la storia si ripete, è ciclica, fatta di ricorsi. E i drammi non finiscono, le guerre non trovano pace, la fame non si placa. E oggi questo è sotto gli occhi di tutti. Nei telegiornali, fra le pagine dei quotidiani, sul web, ha un volto all’angolo delle strade, nei centri di identificazione. Per questa ragione insieme ai 36 giovani carnici, che il Comitato sta preparando a condurre tutti i visitatori nel percorso della mostra, ci saranno due ospiti speciali, due giovani: uno viene dall’Afghanistan l’altro dal Pakistan. A loro spetterà testimoniare ciò che hanno vissuto, fornendo «una chiave di lettura per il fenomeno complesso e spesso doloroso della mobilità umana e soprattutto delle grandi migrazioni nel nostro tempo». Racconti di vita quindi, come si diceva, gli stessi che ritroviamo nella opere raccolte alla ‘Casa delle Esposizioni’ dove fino al 9 ottobre sarà possibile intraprendere un percorso suggestivo e raffinato fatto di oltre quaranta dipinti su tela e su tavola, suddivisi in cinque sezioni tematiche, provenienti da 30 collezioni pubbliche e private italiane ed europee.

Opere di straordinaria bellezza
Accanto a Botticelli e Pinturicchio ritroviamo opere come l’affascinante ed elegantissimo ‘Enea alla corte di Didone’, di Bernardino de’ Donati. Come ricordato da Geretti fa venire alla mente che «l’Italia secondo Virgilio è stata fondata da un profugo», Enea appunto, che «tra l’altro all’inizio non ebbe buona accoglienza. I latini l’accusavano di essere venuto a rubare le donne autoctone e il lavoro ai locali. Non cambiato molto» ha precisato. Enea che non poteva ritornare a casa, perchè la casa non esisteva più. Ed è dovuto fuggire verso l’ignoto, senza sapere quale sarebbe stata l’accoglienza. Sullo stesso piano, di ciò che era e di ciò che è, anche ‘La barca della vita’ di Domenico Morelli, il quale «dipinge pensando all’Italia come a una barca impaludata. Sulla quale c’è Dante che indica la strada infervorando i presenti. Un ricco nobile che sta seduto su un povero oppresso. Altra gente che pensa agli affari suoi. E c’è solo un ragazzino che si preoccupa di disincagliare la barca e fargli prendere finalmente il largo. È il 1859. La percezione degli intellettuali sulla situazione italiana vedeva un glorioso passato nelle arti e nella letteratura, una situazione sociale di immobilità e di oppressioni ancora evidenti, forse qualche giovane che li farà ripartire. Anche su questo – ha precisato - si tratta di cronaca dei nostri giorni». In questo percorso fatto di ‘cercatori, fuggitivi, pellegrini’, «la vera conclusione della mostra – ricorda Geretti - è la sua partenza»: ‘La Sacra Famiglia in fuga su una barca’, di Jacob Jordaens, scelto come ‘copertina’ della mostra. «La barca che guarda noi, con la Sacra Famiglia che è profuga essa stessa. In quella barca c‘è il mondo. La barca della Chiesa e dell’umanità. Sempre in viaggio in un mano un po’ tempestoso, tra sereno e temporale nella ipotesi che il nostro viaggio non sia destina al naufragio, ma ad approdare a un buon esito».