29 marzo 2024
Aggiornato 05:30
L'analisi politica

Verso il 2018: troppe «prime donne» nel centrodestra

Ci sono i sindaci 'ribelli' che chiedono spazio, i coordinatori regionali che scalpitano, gli emergenti e gli autonomisti. Ancora incerto il nome per palazzo d'Aronco

UDINE - L’esito delle amministrative ha rafforzato il centrodestra, consegnandogli la guida dei Comuni di Trieste, Pordenone e Cordenons. Un bel bottino di ‘guerra’, che però non fa automaticamente il paio con la strutturazione della classe dirigente e il suo rinnovamento. Anzi, la  ‘triplete’ rischia di complicare i giochi in vista delle regionali del 2018. Giochi che, comunque, il successo elettorale ha rimesso immediatamente in gioco dentro la galassia anti-Serracchiani.

Quanto conteranno i sindaci ‘ribelli’ nella corsa alle regionali?
Il dato di partenza è che fino alla vigilia del voto il gruppo del potere decisionale in chiave elettorale del centro  destra ruotava attorno a queste persone: Sandra Savino, Riccardo Riccardi e Massimo Blasoni per Forza Italia, Massimiliano Fedriga (già candidato ‘in pectore’ da Matteo Salvini) e Pietro Fontanini per la Lega, Alessandro e Luca Ciriani per i Fratelli d’Italia,  Alessandro Colautti, Isidoro Gottardo e Paride Cargnelutti per il Nuovo centro destra. Un gruppo dirigente, questo, che adesso dovrà fare i conti anche con il partito dei sindaci: Ettore Romoli, primo cittadino di Gorizia, potrà giovarsi dell’appoggio del triestino Roberto Dipiazza, oltre che ovviamente dello stesso Alessandro Ciriani che guida il Comune di Pordenone. A questi si deve aggiungere un’altra pattuglia: quella dei sindaci ribelli in chiave anti-Uti capitanata da Piero Mauro Zanin, Renato Carlantoni e Pierluigi Molinaro. Ma tra i sindaci sta spiccando il volo quello di Cividale, Stefano Balloch, che si è allineato, invece, alla riforma degli enti locali.
Nella scelta del candidato presidente, la pattuglia dei primi cittadini è decisa a fare sentire la propria voce. Potrebbe addirittura proporre essa stessa il candidato. Il sindaco di Gemona, Paolo Urbani non ha mai nascosto l’ambizione di poter guidare la coalizione per riprendersi la Regione Fvg. Ma anche Balloch che conta anche dell’appoggio di molta stampa, potrebbe essere il ‘cavallo’ su cui giocare la sfida contro il centro sinistra.

Gli autonomisti hanno voglia di essere della partita
Un puzzle complesso, dunque. Anche perché dovrà fare i conti con altre variabili. La prima concerne la sub-area dell’autonomismo che guarda a destra e che ha in Renzo Tondo il principale vessillifero. Ma della partita potrebbe esserci anche quel Sergio Cecotti che da mesi fustiga la ‘zarina’ imputandole, tra le altre cose, la scarsa o addirittura nulla difesa della nostra Specialità. Senza dimenticare l’eterno Ferruccio Saro.
Infine, l’altra variabile potrebbe riguardare la scelta di un candidato esterno ai partiti. Si sa per certo che il super manager di Euro&Promos (bilancio del 2015 chiuso a quota 96 milioni e 600 mila euro con un più 13,6% rispetto l’anno precedente), Sergio Bini, ricco e ambizioso, ha già fatto più di un pensierino per la sua discesa in pista. E su questo sarà necessario l’accordo con il suo amico, Riccardo Riccardi, che da sempre sogna lo scranno di Trieste.

La partita degli ex e la corsa a palazzo d’Aronco
Ma la battaglia per la candidatura alla presidenza è destinata ad allargarsi anche per garantirsi un posto al sole in consiglio regionale. I tanti uscenti dovranno fare i conti con i new entry (alcuni dei sindaci gà citati, oltre a nomi noti come la ex vice sindaco leghista di Latisana, Maddalena Spagnolo, l’ex sindaco di Latisana, Micaela Sette, l’assessore provinciale Franco Mattiussi, l’ex assessore regionale Indira Fabbro, l’assessore provinciale Marco Quai. La stagione delle candidature regionali intersecherà anche quella per la corsa a sindaco di Udine. Se Riccardi dovesse rassegnarsi ai sogni triestini, potrebbe essere una risorsa per palazzo d’Aronco. Passasse però la soluzione interna ai partiti potrebbe vedersela con il ‘pluridecorato’ Pietro Fontanini (poi gli mancherebbe soltanto l’incarico di ministro e quello di presidente della Repubblica), ma anche con Alessandro Colautti, candidatura quest’ultima che ricorda molto quella di Parisi a Milano. L’Ncd è sì all’opposizione in Regione, ma non vota mai pregiudizialmente contro Serracchiani. Non solo, ma Colautti sarebbe  anche un candidato difensore dell’autonomia e politicamente molto più trasversale di Riccardi. A questo punto potrebbe anche spuntare la pista di una candidatura della cosiddetta società civile. Da tempo il centro destra fa il nome di un giovane, noto professionista udinese.

Uomo moderato o seguace lepinista al comando?
Infine, nel 2018 se non ci sarà il ricorso anticipato alle urne, sarà anche l’anno delle elezioni politiche. Altra benzina sul fuoco delle divisioni interne del centro destra che a monte di tutto dovrà stabilire quale dovrà essere il perno della coalizione, se cioè un uomo moderato o un seguace dell’incipiente lepenismo leghista e dei Fd’I. La vicenda delle candidature in vista delle politiche è un altro capitolo dell’inticata vicenda di un centro destra consapevole che Renzi è battibile ma incerto su che ‘armi’ e condottiero puntare. Ma di questo ci occuperemo prossimamente.