18 aprile 2024
Aggiornato 21:30
L’evento a Udine

Steve Vai in Castello: una nota ed è subito delirio

Per oltre due ore incanta i suoi proseliti suonando al limite delle capacità umane, sfoggiando tutte le tecniche possibili e immaginabili, senza risparmiarsi un secondo

UDINE - All'inizio degli anni novanta imperversava sulla scena musicale una nuova onda: quella dei virtuosi, anzi virtuosissimi della chitarra elettrica. Innumerevoli nomi che si sfidavano e si rincorrevano a sparare quante più note possibili in una frazione di secondo. Tecnica e velocità che apparivano fine a se stesse, per il narcisismo di chi suona e di chi ascolta. Poi, come sempre accade, quella moda è andata via via scemando e, come sempre accade, sono sopravvissuti solamente i migliori interpreti di quella corrente, quelli che avevano qualcosa da dire, quelli che possedevano quel qualcosa in più della mera tecnica, quelli insomma che si sono evoluti.

E forse, il migliore di tutti, abbiamo avuto il privilegio di ascoltarlo giovedì sera nel parco del Castello di Udine: Steve Vai, che riportava in scena il suo album più classico ‘Passion and warfare’, a venticinque anni dall'uscita del medesimo.
Si capisce subito che l'atmosfera è quella dell'evento, e si perché da queste parti pare lo stiano aspettando da anni. Lo vedi nel volto dell'attesa dei numerosi fans venuti da tutta la regione ed oltre, per la gran parte strumentisti: una sorta di pellegrinaggio dove i musicisti rendono omaggio al migliore di loro, al migliore nell'arte della chitarra, ad una sorta di dio!

Alle 21.30 spaccate dal video posto sopra il palco parte la proiezione del film Crossroad datato metà anni '80 e ispirato alla vita del bluesman Robert Johnson, che proprio a un incrocio si dice abbia venduto l'anima al diavolo per suonare in maniera divina, come nessun altro. Va da se che l'assolo di chitarra del protagonista fosse proprio di un certo Steve Vai, che in quell' istante appare sul palco in versione alieno della musica. Una nota ed è subito delirio! Per oltre due ore incanterà così i suoi proseliti suonando al limite delle capacità umane, sfoggiando tutte le tecniche possibili e immaginabili, senza risparmiarsi un secondo.

Tutto in Steve Vai è sopra le righe, non suona un pezzo che sia uno in maniera ‘normale’, proprio non ci riesce. Armato delle sue fedelissime Ibanez 7 corde bombarda l'ascoltatore con milioni di note che sembrano arrivare da tutte le direzioni, come se i chitarristi sul palco fossero dieci cinquanta cento... invece ce n'è uno solo e si chiama per l'appunto Steve Vai.
A metà concerto arriva ‘Liberty’, una specie di inno nazionale del regno della chitarra. Duetti virtuosi e virtuali con un paio di amici quali Joe Satriani e John Petrucci, che si complimentano con lui per il lieto anniversario in un'improbabile diretta video.
C'è spazio per ricordare il maestro - Frank Zappa - e per far salire sul palco un paio di fans coinvolti nella più classica delle gag a stelle e strisce.

Si conclude come era iniziato e come aveva proseguito: con Steve Vai che fa l'amore con il suo strumento, vero e proprio prolungamento del proprio corpo e che ostenta in una continua pulsione orgasmica anche nella geniale gestualità. Da grandi potremmo dire: io un giorno ho visto il Dio della chitarra. E senza esagerare.