29 marzo 2024
Aggiornato 10:30
La demolizione il 12 luglio

Gli appelli non sono serviti: ciminierà giù

Non sono bastati i suoi 130 anni di storia - costruita nel 1890, è stata danneggiata nella prima guerra mondiale e ristrutturata nel 1920 -, a nulla pare siano valsi i suoi 45 metri di altezza e ciò che rappresentano per gli studiosi, secondo cui è un importanti elemento di analisi

CIVIDALE – Se il tempo non è riuscito ad abbatterla ci penserà la dinamite. Il destino della ciminiera di Rubignacco (Cividale), pare ormai segnato. Non sono bastati i suoi 130 anni di storia - costruita nel 1890, è stata danneggiata nella prima guerra mondiale e ristrutturata nel 1920 -, a nulla pare siano valsi i suoi 45 metri di altezza e ciò che rappresentano per gli studiosi, secondo cui è un importanti elemento di analisi. Nulla. Benché l’opera sia protetta dalla Soprintendenza del Fvg, che da tempo l’ha catalogata fra i beni di archeologia industriale, il Comune di Cividale ha deciso di abbatterla per motivi di pubblica sicurezza.

Una corsa contro il tempo
È partita nelle scorse settimane una vera a propria corsa verso il tempo per poter salvare quel fumaiolo così speciale. Dalla ‘sua’ parte anche Enzo Boschi, sismologo ed ex presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), il quale ha ricordato che "finora ha retto a ben cinque terremoti di magnitudo intorno a 6, diventando una sorta di archivio unico per poter studiare il modo in cui le costruzioni antiche reagiscono ai terremoti. Le opere in muratura come questa - ha aggiunto - sono sopravvissute perché costruite da gente dotata di grande professionalità artigianale, sono rare e in tutto il mondo vengono conservate con cura come vere e proprie opere d'arte specialmente quando sono così alte». L'appello per salvare l'antica ciminiera è stato lanciato da Boschi in una lettera aperta al ministro dei Beni e delle Attività culturali, Dario Franceschini, alla presidente della Regione Fvg, Debora Serracchiani e al sindaco di Cividale del Friuli, Stefano Balloch. "Chiediamo di rimandare l'esecuzione di un paio di mesi, il tempo necessario per fare una serie di misure e rilievi in modo da analizzarne le deformazioni : ogni cicatrice è una traccia in cui è scritta la storia geodinamica e ambientale dell'ultimo secolo, una fonte di conoscenze fondamentali per salvaguardare il nostro patrimonio artistico".

Ma non è l’unico appello
Un grosso lavoro per far parlare (addirittura il Tg5) di quel gioiello di architettura industriale si deve a Patrizia Feletig, che degli attuali proprietari di quel sito è lontana parente. «Io l’ho saputo per caso. Ne sono venuta a conoscenza leggendo il vostro articolo (che trovate qui ndr). Prima di allora nulla. Ero a conoscenza del fatto che fosse stato presentato un progetto per trovare una soluzione rispetto la pericolosità registrata. Progetto però bocciato. In seguito, credo lo scorso aprile, invece, è stato consegnato un secondo piano, di cui però non ho molte informazioni, perché non riesco a risalire alla documentazione. Sta di fatto che dalle informazioni in mio possesso, a seguito dell’abbattimento si provvederà a una ricostruzione filologica, che vuol dire tutto e niente». Una soluzione che però non convince Patrizia. «Comprendo che i proprietari non possano permettersi un restauro – lungi da me fare i conti in tasca agli altri – ma se la sola demolizione costa 30 mila euro, quanto costerà la ricostruzione? Temo che intanto si provvederà all’abbattimento della ciminiera, e per la ricostruzione chi lo sa. Mi è sembrato tutto troppo rapido e poco trasparente».

Perchè non valutare le alternative?
«Sia chiaro - ha tenuto a precisare Feletig - non ho interesse di alcun tipo, se non un legame affettivo. Ma credo che sia importantissimo mantenere ‘in vita’ un manufatto come quello». Un'importanza tale che l’ha spinta ad aprire anche una pagina Facebook dedicata alla ciminiera. «Comprendo le motivazioni di tutti. Da una parte dei proprietari si è registrato poca sensibilità e attaccamento e la necessità di trovare una soluzione, dall’altra il sindaco ha dovuto trovare una risposta rapida. Probabilmente se la proprietà l’avesse vista come un bene, quale è, avrebbe chiesto aiuto. Credo comunque che si sarebbero potute considerare anche altre cose: perché non fare appello al FAI (che si è dimostrato sensibile all’argomento non appena giunto all’onore delle cronache ndr) e trovare il modo di far rientrare la ciminiera fra ‘I luoghi del cuore’ o nell’ambito di ‘adotta un monumento’? Questa è solo un’idea. - ha proseguito - Ma se proprio la soluzione inevitabile è la demolizione, perché non studiarla a fondo, come del resto già stato fatto per la Torre degli Asinelli? – si domanda retoricamente – Al suo interno ha le cicatrici di tutti i sommovimenti che ha vissuto, sono dati importanti, perché si tratta di rarità. Da non dimenticare poi la sua importanza storica è citata in diversi voluti, fra cui in Cultural Disenchantments, Douglas Holmes (Princeton University Press, 1989)». Patrizia ha scritto anche un articolo pubblicato su L’Unità, per fare il suo appello. Se abbia avuto risonanza o meno, non lo sa, ovviamente, però ricorda che «a volte basta che una persona veda le cose diversamente. Ho 'trascinato' persone che si sono svegliate dalla rassegnazione. Vorrei che i cividalesi sapessero cosa va giù. Non è come buttare giù un porcile, è un simbolo identitario e ha un valore per gli studiosi e per tutti».