24 aprile 2024
Aggiornato 04:30
L'analisi di Linda Graffia

Referendum: finalmente si vota dopo una campagna 'abominevole'

E da domenica, a scrutinio concluso, anche in Friuli Venezia Giulia nulla sarà come prima, a prescindere da chi vincerà

UDINE - Finalmente si vota, al termine di una campagna elettorale sfibrante, martellante, volgare, invadente e invasiva, che il noto giornalista Gian Antonio Stella ha definito ieri ‘abominevole’. Si vota, finalmente! E da domenica, a scrutinio concluso, anche in Friuli Venezia Giulia nulla sarà come prima, a prescindere da chi vincerà.

Domenica si deciderà il futuro politico di Serracchiani? 
Inutile sottolineare che la più preoccupata dall’esito del voto è la presidente della giunta regionale, Debora Serracchiani. E inutile anche precisare che per lei la vittoria del sì è doppiamente indispensabile e salvifica. Dovesse andare diversamente, infatti, sarebbe costretta a incassare il quarto ko di fila dopo le umilianti sconfitte alle comunali di Trieste, Pordenone, Codroipo e Monfalcone. Quattro sberle che non avevano provocato alcuno scossone interno al partito: né riunioni dei vertici, né dibattiti, né autocritica, né resa dei conti. Era stata lei stessa a voler rinviare anamnesi, diagnosi ed eventuale cura del Pd al dopo 4 dicembre, confermando di avere investito tutto il suo futuro politico sul referendum di domani. Sì, costretta a vincere perché l’altro biglietto da staccare sarebbe soltanto quello del suo declino politico, almeno in Fvg.

Il centrodestra e la 'grana' autonomia
E ovvietà per ovvietà, anche per il centrodestra il solo risultato possibile è la vittoria. Che se si dovesse verificare non metterebbe comunque la coalazione al riparo da fibrillazioni interne, quotidianamente innescate dalle sparate dei suoi leader di turno, da Berlusconi a Salvini passando per la Meloni. Già, nemmeno la vittoria del no sarebbe garanzia della ritrovata unità d’intenti, a cominciare dalla indicazione su chi sarà il candidato governatore del Fvg. La candidatura del segretario regionale della Lega, Massimiliano Fedriga, voluta e imposta dal 'visitor' Salvini appare sempre più improbabile. Le recenti sparate dello stesso segretario nazionale leghista e di Zaia contra la specialità del Fvg stanno mettendo a dura prova la tenuta interna della Lega regionale. Un esempio su tutti. Come farebbe l’ultra autonomista presidente della Provincia, Pietro Fontanini, ad avallare una scelta che ucciderebbe la nostra specialità? E in nome della real politik sarebbe davvero disposto a rinnegare tutta la sua storia politica?  In attesa di una sua forte presa di posizione in merito (ma ci vorrebbe uno scatto di orgoglio e coraggio politico che non sono una sua caratteristica) e del congresso nazionale del Carroccio in cui Bossi sparerà a zero su Salvini, la palla passa alle altre forze in campo. Forza Italia, che pure dovrà dire qualcosa a difesa della specialità del Fvg, continua a indicare come candidato il capogruppo in Regione, Riccardo Riccardi. Che avrebbe le carte in regola, ma non è empatico. Che palleggia mille argomenti, ma non riesce ancora a diventare leader. Senza contare che Riccardi rimane in cuor suo un sostenitore, più o meno dichiarato, di quel partito della Nazione caro a pezzi del Pd e di Fi.

Il peggio deve ancora venire? 
In corsa vorrebbe ritornare anche l’ex presidente Renzo Tondo. Ma la sua sfida rischia di diventare soltanto un inutile mix tra la vendetta personale e un’ambizione che porterebbe il centro destra del Fvg a vivere un’altra, l’ennesima, suicida diaspora interna. E intanto l’imprenditore Sergio Bini continua a credere nella sua scommessa. Ha una sua associazione, un suo staff, gira per la regione, organizza incontri e giorno dopo giorno si sta autoconvincendo di poter essere l’uomo della provvidenza. Sicuramente gli avranno riferito che dovrà superare più di qualche notte dei lunghi coltelli. Insomma, che domani vinca o perda, anche il centro destra del Fvg subirà un micidiale restayling che lo porterà a un'inevitabile ridefinizione dei rapporti e degli equilibri interni.
Sì, una campagna elettorale veramente 'abominevole'. E l’impressione è che il peggio debba ancora venire. Nessuno ha la sfera di cristallo, ma la sensazione è che il dopo voto aprirà una fase tormentata, difficile, politicamente parossistica. Dove tutto può accadere e dove i vecchi equilibri politici, le poche certezze potrebbero subire l’ennesimo tsunami.