29 marzo 2024
Aggiornato 11:30
L'intervista

Saro a ruota libera sulla politica Fvg: si a Fedriga e Bertossi, no a Riccardi e Tondo

L'ex senatore parla di possibili candidature e degli equilibri nel centrodestra, dando giudizi sui 'papabili' in vista dei prossimi appuntamenti elettorali

UDINE - Si dice preoccupato, «decisamente preoccupato per la situazione politica nazionale e regionale». Sprona il centrodestra a essere inclusivo e aggiunge che Fedriga sarebbe un ottimo presidente («è simile a Zaia perchè è un moderato»). Boccia invece le possibili candidature di Riccardi e Tondo, e lascia la porta aperta a Cecotti. Su Udine invoca un progetto nuovo e ritiene che Bertossi avrebbe le carte in regola per attuarlo. Insomma, Ferruccio Saro parla a ruota libera. Ne ha davvero per tutti: respinge al mittente le riforme autoritarie di Serracchiani e Renzi, ma invita anche FI a non essere autoreferenziale visto che non guida più un 'partito al 35%'. Infine, mette in guardia dal possibile, definitivo divorzio tra Salvini e Berlusconi che avrebbe inevitabili conseguenze anche in Fvg.

Lei era presente al debutto del progetto Fvg dell’imprenditore Sergio Bini, che ha annunciato la sua discesa in campo. Qual è il suo giudizio?
«A mio avviso ha fatto bene perché ha contribuito a smuovere una situazione che era molto immobilizzata. Vede, non si vuole comprendere che esiste una grande area del centrodestra senza rappresentanza. Il Pdl aveva raggiunto il 37% dei consensi, mentre ora Fi viaggia attorno al 12-13%. Come dire che c’è un 25% di elettori di quest’area che non ha ancora deciso dove stare. Insomma, iniziative come queste cercano di coprire questi spazi lasciati vuoti».

Ma il gotha del centrodestra mi pare abbia snobbato Bini. Perché questa reazione tra il distaccato e l’infastidito?
«Credo, ad esempio, che si debba capire che Forza Italia forza è oggi una piccola oligarchia che pensa di guidare un partito del 35% e che ha paura di qualunque nuova presenza in grado di toglierle qualche posto. Ragionano così perché non sono inclusivi. Bini non può essere visto come un pericolo. In questa partita la Lega mi pare la più aperta grazie all’intelligenza di Fedriga».

Già, Fedriga. Salvini lo vuole presidente della Regione. Il suo parere?

«Ho molto stima di Fedriga. Penso che sarebbe un buon presidente del Fvg per più ragioni. Tra i candidati ha la massima visibilità nazionale. A parte questo, per quello che ho potuto conoscerlo è equilibrato e moderato. Infine, capisce i meccanismi dei giochi di squadra».

In effetti le vittorie elettorali del centrodestra a Pordenone e Trieste sono ascrivibili soprattutto alla sua strategia. Ma FI forse non lo ammette.
«Non solo Pordenone e Trieste, ma anche a Monfalcone c’è stato lo zampino vincente di Fedriga. Non dimentichiamoci che Fi in prima battuta non voleva Dipiazza, ma l’accordo tra questo e la Lega è stato risolutivo. A Pordenone, FI aveva tentato la carta De Anna, ma anche qui è passata la soluzione-Ciriani suggerita da Fedriga. Stessa cosa a Monfalcone, dove gli azzurri sostenevano che la Cisint era inadeguata. E si è visto come è andata».

Insomma, carte in regola per correre da governatore?
«Ripeto che è un eccellente candidato, umile e che studia».

Ma sulla strada della candidatura di Fedriga ci sono le intemperanze di Salvini che fanno storcere il naso ai moderati…
«Credo che alla fine non sarà Salvini a decidere il candidato che, invece, sarà scelto in Fvg. Quanto all’altra questione, ritengo Fedriga molto simile a Zaia e quindi in grado di rappresentare l’ala moderata, ma anche di tessere buoni rapporti con l’area autonomista».

Nonostante i dubbi di Salvini sulla nostra specialità?
«Mah, non lo vedo come un problema. In Veneto a primavera si voterà per il referendum, che tra le altre cose chiederà maggiori risorse finanziarie. Oggi il problema non è ridurre il ruolo delle regioni con autonomia differenziata, ma portare le altre regioni alle nostre condizioni».

Restiamo sui possibili candidati del centrodestra. Riccardi e Tondo?
«Mi auguro che Riccardi non sia preso da questa ossessione per la candidatura e alla fine decida di fare squadra con Fedriga».

Con quale ruolo?
«Lo vedrei bene vice del governatore o presidente del Consiglio».

Tondo?
«Tondo spera in qualche problema nella coalizione per rivestire il ruolo di ‘salvatore della patria’. Ha già fatto due volte il presidente, con risultati non dei migliori. Oggi ci vuole gente con esperienza nuova. Lui è una risorsa, è benvoluto. Ma dovrebbe aspirare a qualche altro ruolo».

Ci siamo forse dimenticati di Sergio Cecotti?
«Intanto è importante che si sia schierato per il no. Poi, ha ripreso a dialogare con la Lega. E in ogni caso sarebbe un altro eccellente candidato soprattutto per la sua capacità di negoziazione con Roma. Ma dovrebbe essere supportato da un progetto nuovo che andasse oltre il classico centrodestra. La situazione è delicata perché nei prossimi mesi le strade di Salvini e Berlusconi potrebbero dividersi sulla legge elettorale, con quest’ultimo pronto all’intesa con Renzi. Evidente che le scelte nazionali avranno ricadute in Fvg».

Un giudizio su Serracchiani?
«Avrebbe potuto svolgere un grande ruolo essendo persona determinata. Oggi però il giudizio è negativo perché ha commesso errori di fondo».

Del tipo?
«Ha puntato sulla retorica delle riforme renziane da attuare in modo autoritario e calate dall’alto. Quelle del Fvg su sanità e Uti hanno creato disagio e non sono state percepite positivamente né dagli operatori né dalla gente. La politica è dialogo e compromesso; non si governa con metodi autoritari. Pensavo poi che come vicesegretaria tutelasse i nostri interessi, ma non ha avuto il coraggio di andare contro quelli neocentralisti del Pd. Non si possono servire due padroni: o Regione, o Renzi».

Giudizio molto tranchant, il suo…
«Abbiamo continuato a subire tagli. A Oggi ammontano a 1 miliardo e 500 milioni. Bisogna rinegoziare tutto con Roma e ricuperare almeno 1 miliardo».

La partita su Udine?
«Partita complicata anche perché parte del blocco sociale moderato è spostato in parte sul centrosinistra come dimostra anche l’esito referendario. Resta il fatto che Udine ha perso ruolo, non è più capitale di nulla ed è città sostanzialmente morta».

E quindi cosa servirebbe?
«Un progetto alternativo allargato rispetto a quello renziano, un progetto che aggreghi e in questa operazione credo che Bertossi potrà dire la sua, anche perché ha dimostrato di essere un buon amministratore».

Colautti potrebbe essere un altro candidato, o no?
«Non sono in grado di dare una risposta. Ha commesso l’errore di schierarsi con il si al referendum e questo potrebbe creare pregiudizi. E poi non so ancora se davvero voglia candidarsi». (d.pe)