25 aprile 2024
Aggiornato 17:30
Intervento al Future Forum

Tito Boeri su giovani e lavoro: “Università e formazione inadeguate”

Il sistema Italia incapace di stare al passo con i cambiamenti del lavoro e delle mansioni. E sul sistema pensionistico aggiunge: “Gli altri Paesi ce lo vorrebbero copiare”

UDINE -  «La disoccupazione giovanile è un fenomeno tutt’altro che inevitabile». A dirlo è stato il presidente dell’Inps Tito Boeri, intervenuto al Future Forum di Udine in collegamento video. «Cambia la geografia del lavoro, cambia la fisionomia delle mansioni: abbiamo bisogno di un mercato del lavoro e di un sistema di istruzione in grado di reagire a queste sfide. Su questo piano – ha aggiunto il presidente - l’Italia è in ritardo: abbiamo un sistema universitario che fatica a creare competenze spendibili o crea delle competenze astratte»

«Bisogna investire sulla formazione» insiste Boeri: «In Italia è crollata la formazione sul posto di lavoro e ciò condanna i lavoratori precari a un futuro molto difficile: d'altra parte - ha spiegato il presidente - un datore tenderà sempre a liberarsi del giovane lavoratore con contratto a termine, concentrando su di lui tutto il rischio di mercato»«I problemi dei giovani nel mercato del lavoro – ha aggiunto - dipendono da un sistema educativo non adeguato, regole d’ingresso penalizzanti e un atteggiamento sbagliato rispetto alla scelta dell’Università».

Per quanto riguarda il nostro sistema pensionistico, spiega inoltre Boeri «troppo spesso si è intervenuti guardando solo ai costi dell’immediato e non alle conseguenze di lungo periodo, che sono poi quelle che interessano ai giovani». Riferendosi ad esempio alle baby pensioni, ha affermato: «In origine ebbero un impatto sul bilancio pubblico praticamente irrisorio: eppure ci hanno lasciato in eredità un peso molto molto forte, determinando gran parte del debito pubblico»«E’ importante dunque che si discuta di queste cose - ha concluso - ma voglio sottolineare che il nostro è un sistema pensionistico sostenibile, un sistema che gli altri Paesi ci vorrebbero copiare»