19 aprile 2024
Aggiornato 09:30
Indagine della Fondazione Brodolini

Nuove povertà: il Fvg si scopre la regione più a rischio nel NordEst

Per il segretario generale di Capla Fvg, «la situazione è di assoluta emergenza, in particolare per la popolazione dei pensionati». La Regione già al lavoro per dare sostegno alle famiglie più indigenti: 10 milioni di euro in Finanziaria

UDINE – Il Friuli Venezia Giulia si scopre più povero a confronto con le regioni del Nord Est d’Italia. La media della povertà relativa infatti, è del 12%, un dato inferiore alla media italiana (18,2%) ma superiore a quello del Nord Est (9,6%) e del Nord Ovest (11,1%). Stesso trend per quel che riguarda la fotografia della deprivazione materiale: il 4% in Fvg si confronta con il 5,8% del resto del paese, il 3,3% del nord Est e il 3,5% del Nord Ovest.
Sono i numeri di un’indagine della Fondazione Brodolini (campione di 2 mila famiglie Fvg), illustrata dalla consigliera regionale Silvana Cremaschi, ed emersi nella sala di Palazzo Contarini in via Manin a Udine al congegno ‘Le nuove povertà, il ruolo della Regione e delle associazioni’, promosso dal Capla Fvg, il coordinamento delle associazioni di categoria dei pensionati, in rappresentanza di circa 80 mila persone in regione.

Il tema delle nuove povertà
«Il dato di coloro che, pur lavorando, hanno un reddito equivalente netto che li pone al di sotto della soglia di povertà – ha spiegato Cremaschi – raggiunge un picco nel 2008, anno in cui i valori si posizionano leggermente al di sopra della media italiana, per poi mantenersi in linea con essa». Più in generale in Fvg la povertà ha un aspetto dinamico: «Il 25,9% di chi è uscito da una situazione di povertà vi è ricaduto per almeno un anno nel biennio successivo».
Come ha rilevato Guido De Michielis, segretario regionale del Capla Fvg invocando l’intervento della Regione, «la situazione è di assoluta emergenza, in particolare per la popolazione dei pensionati». Immediata la replica di Cremaschi: «Allocati 10 milioni di euro in Finanziaria – la risposta della consigliere regionale – siamo al lavoro per una misura universale e non categoriale, cioè rivolta a tutti coloro che sono al di sotto della soglia di reddito (Isee) individuata in rapporto ad ampiezza della famiglia e al costo della vita a livello territoriale. Una misura integrata da misure di accompagnamento e integrazione sociale, individuate secondo le caratteristiche e i bisogni di ciascun membro della famiglia». Il paletto dovrà essere la «disponibilità al lavoro da parte del beneficiario».

Come intervenire
Le azioni di contrasto non devono consistere solo in elargizione di contributi a determinate categorie, ma essere universali innanzitutto e accompagnate da azioni positive orientate all'inclusione sociale e lavorativa.
Infatti, se la povertà non è solo deprivazione economica, ma un fenomeno cumulativo e dimensionale che si trasmette dai genitori ai figli, occorre lavorare per ridurre le diseguaglianze e per aumentare la coesione sociale. Piano sociale, casa, infrastrutture, sanità e buone prassi di cittadinanza attiva sono strumenti che devono camminare insieme. Come pure il sussidio va accompagnato con il sostegno all'inclusione attiva e con i servizi. In sostanza, il contributo economico deve andare insieme con un patto tra beficiario e istituzioni in vista di un reinserimento lavorativo o di un percorso formativo per rientrare nel mondo del lavoro.