18 aprile 2024
Aggiornato 20:30
L’accoglienza diffusa spiegata a Pontebba

Piccoli gruppi nei Comuni o grandi concentrazioni nelle ex caserme

Prefetto, questore, assessore regionale, comandante provinciale dei carabinieri raccontano l’impatto dei richiedenti asilo sulla comunità locale, cercando di tranquillizzare i cittadini. In Valcanale arriveranno un’ottantina di profughi

PONTEBBA - Una serata per capire il fenomeno migrazione e per rassicurare i cittadini. Perché tra qualche mese la comunità locale sarà chiamata a ospitare una ventina di richiedenti asilo, nei locali nell’ex veterinario di confine (struttura di proprietà demaniale). «Il tema va affrontato con serietà e senso del dovere - ha chiarito il sindaco Ivan Buzzi, introducendo l’incontro ospitato nel municipio di Pontebba -. Ho percepito nella mia comunità paura e diffidenza verso l’arrivo dei migranti: la paura dell’altro è un sentimento innato nell’uomo. Guai però a strumentalizzarla e a farla diventare così prevalente». Buzzi ha chiuso il suo intervento con un auspicio: «Il problema va affrontato in maniera unitaria, tutti assieme».

I numeri dell’emergenza
E’ stato il prefetto Provvidenza Delfina Raimondo a dare i numeri dell’emergenza, che negli ultimi mesi ha interessato direttamente il Friuli Venezia Giulia. «Per la nostra regione sono transitati oltre mille richiedenti asilo - ha affermato il prefetto - e attualmente sul nostro territorio ci sono solo 150 migranti giunti via mare. Le altre 600 sono persone che sono arrivate, e continuano ad arrivare, via terra. In questa situazione - ha precisato - l’accoglienza non è solo un dovere di solidarietà, ma anche giuridico, per creare ordine, capire la loro provenienza e seguire il processo di integrazione».

Il perché dell’accoglienza diffusa
L’assessore regionale Gianni Torrenti ha spiegato alla cittadinanza di Pontebba perché la Regione ha scelto l’accoglienza diffusa rispetto al modello dei Cie, in quello che è stato il primo incontro di questo tipo organizzato sul territorio. «In questo modo i profughi non solo sono più controllabili per le forze dell’ordine, essendo piccoli gruppi, ma creano un impatto minimo sulle comunità che li accolgono, facilitando l’integrazione. Tutto funziona però se i posti disponibili in regione sono sufficienti». Un tipo di accoglienza che, ha ricordato Torrenti, sarà presa a modello anche a livello nazionale, come riferito dal presidente dell’Anci Piero Fassino. L’assessore ha quindi voluto rassicurare la popolazione, ricordando come i richiedenti asilo non siano i carnefici ma le vittime, «persone in fuga da una guerra». In Valcanale, complessivamente, arriveranno un’ottantina di profughi, distribuiti tra Tarvisio (una quarantina quelli destinati, come ha informato Torrenti), una ventina a Malborghetto e altrettanti a Pontebba. Sempre che ci sia la collaborazione del territorio per l’accoglienza diffusa: «L’alternativa, dovendo dare una risposta - ha assicurato l’assessore - potrebbe essere una concentrazione in centri specifici, magari negli ex edifici demaniali. Soluzione che penalizzerebbe dei Comuni a scapito di altri».

Rischio zero per l’ordine pubblico
Da dove arrivano, come vengono riconosciuti e cosa chiedono i migranti (in gran parte pakistani e afghani) l’ha spiegato bene il questore Claudio Cracovia, tranquillizzando sul fatto che queste persone non sono per nulla pericolose in termini di ordine pubblico. «Il rischio è praticamente pari a zero», ha detto il questore, rimarcando come il richiedente asilo, per ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, deve rigare dritto. «Queste persone non hanno alcuna convenienza ad uscire da quelle che sono le regole dettate da chi si occupa dell’ordine pubblico o da chi ne gestisce l’accoglienza. Le paure verso i richiedenti asilo - ha concluso il questore - non si fondano su nulla di oggettivo». Rassicuranti anche le parole del comandante provinciale dei carabinieri Roberto Del Piano oltre che le esperienze dei Comuni che già hanno accolto migranti, e cioè Palmanova, Venzone ed Enemonzo.