18 aprile 2024
Aggiornato 21:30
In Aula Kolbe

La lectio magistralis di Bauman conquista il pubblico udinese

Si conclude con successo la cinque giorni del Future Forum 2016: il futuro ora appare più a portata di mano

UDINE - «Che vi piaccia o no, oggi dovete fare i conti con la coabitazione fra diverse culture, non potete evitarlo. È facile con le nuove tecnologie escludersi e isolarsi dal diverso, basta un dito. Ma vi perdete il più grande regalo dell'umanità: il dialogo, la comunicazione». Il filosofo e sociologo Zygmunt Bauman ha parlato per oltre un'ora e mezza alla platea silenziosa, attentissima, che ha voluto ascoltare la sua lectio magistralis affollando Aula Kolbe, per l'appuntamento conclusivo e attesissimo del Future Forum 2016 che la Camera di Commercio ha realizzato per tutta la settimana, con la collaborazione del Comune e dell'Università e il coinvolgimento della Regione.
Sedici dibattiti per quaranta ospiti internazionali per cinque giorni, un confronto inedito tra nomi affermati dell'economia internazionale e giovani emergenti, alla ricerca delle parole chiave per una nuova ricostruzione economica, con appuntamenti sempre partecipatissimi da cittadini, imprenditori, rappresentanti istituzionali e studenti di tutta la regione.

Bauman ha parlato di futuro, «qualcosa di cui si parla e a cui si pensa troppo poco oggi», ha evidenziato, «anche se io non sono venuto qui con soluzioni o ricette. Ma se volete prendere controllo sul futuro dovete essere consapevoli dell'enorme sfida con cui dovete confrontarvi». Il sociologo polacco ha ripercorso le utopie del passato, che erano i modi per pensare alle forme migliori di società intesa nel suo complesso, contrapposte a quelle dell'oggi, utopie figlie di un processo di «individualizzazione o privatizzazione», in cui si immagina di ritagliarsi un'isola di conforto, un «buon luogo» non per la società, ma per noi stessi, il nostro network, la nostra piccola comunità protetta.
Il danno collaterale di tutto ciò, di questa deresponsabilizzazione dello Stato a scapito dell'individuo, è che la gente si sente spaventata, le persone si sentono sole, perché la vita non è sicura e questa sicurezza non è garantita collettivamente.

Si genera una «nostalgia della comunità perduta», l'ha definita Bauman, in cui prosperano ansia, paura e senso di inadeguatezza. Questa nostalgia, in parallelo con l'individualizzazione, ci porta il fondamentalismo, che raccoglie sempre più sostenitori, perché i fondamentalisti convincono la gente che, se danno a loro il potere, saranno in grado di dare alla gente la sicurezza che le manca e il senso di protezione. Su quali tendenze attuali prevarranno nel futuro non è possibile rispondere, per Bauman, che comunque, citando Barber e Rifkin in particolare, ha paventato alcune soluzioni possibili nella dimensione della città (e non dello Stato) come ‘luogo’ ideale per i tempi a venire, come «miglior speranza per la democrazia», e nella tecnologia un nuova rivoluzione della società, di cui non siamo ancora consapevoli. «Noi dobbiamo lavorare con la tecnologia, non è la tecnologia che ci deve togliere il lavoro. Tutto dipende da noi», ha detto.

Considerando i più grossi ostacoli, il precariato e la nuova flessibilità del mondo del lavoro, con un fortissimo impatto sociologico e psicologico. La vecchia fabbrica, ha detto Bauman, aveva mille problemi e asprezze, ma oltre a creare beni, creava solidarietà umana, una dimensione che oggi, per domani, dovremmo recuperare.