18 aprile 2024
Aggiornato 22:00
Tra i due contendenti...spunta Savino

Cervignano, il feudo politico di Travanut e Paviotti

Il filosofo e il geometra. Il primo adora il contraddittorio, ama affabulare. Il secondo segue il mantra del «volemose ben».

CERVIGNANO - Il filosofo e il geometra. Il primo – eloquio avvolgente - adora il contraddittorio, ama affabulare e ha pure incassato un piccolo guiness con i suoi tweet. Il secondo segue il mantra del ‘volemose ben’, anche se lo accusano di essere talvolta altezzoso al punto che il suo malvezzo di non salutare per strada è finito sui social media. Il primo è decisamente contrario alla riforma costituzionale voluta dal suo segretario di partito. L’altro è schierato con Renzi pur non essendo un dem. Il primo vince ai punti, pardon, ai voti: 871 a Cervignano nelle ultime regionali contro i 425 del secondo; 170 a Terzo di Aquileia contro 38. Soltanto a Ruda, il secondo ha vinto con  55 voti a 49, ma evidentemente perché ci abita. Entrambi hanno fatto il  sindaco di Cervignano. Di più, il secondo è stato anche vice del primo. Tutti e due hanno affinità elettiva con la lista ‘Il ponte’ cha da quasi un quarto di secolo sforna la classe dirigente cervignanese. E sia l’uno che l’altro hanno in comune il fatto che ogni mese, essendo entrambi consiglieri regionali, godono di uno stipendio favoloso.

Travanut e Paviotti: personaggi chiave della Bassa friulana 
Potrebbe essere questa, in estrema sintesi, la carta d’identità politica di Mauro Travanut e di Pietro Paviotti. Due personaggi chiave della vita politica della cittadina della Bassa sempre più distanti tra loro e sempre più in guerra. Ed è una guerra strana. Non è dichiarata, ma è strisciante. E’ silente, ma rude. E soprattutto è destinata nel medio periodo a provocare inevitabili conseguenze dentro l’arcipelago confuso del centrosinistra cervignanese e della Bassa friulana in genere, l’ex Russia friulana tramortita dai vari interveni maxillo facciali dell’ex sinistra.

Uno ha i voti, l'altro le conoscenze
E in questo feroce dualismo spicca una sorta di simpatico paradigma che mette in luce tutta la crisi di identità del Partito della Serracchiani (Pds). Succede infatti che il filosofo Travanut con quella sua aria da Scuola di Francoforte, ricopra il ruolo di fustigatore del palazzo (pur abitandoci) e di tutti i parti che il medesimo compie sotto forma di leggi, interventi riforme. Dichiaratamente anti-Renzi, unico consigliere regionale dem che osa contrastare le intemperanze della presidente 'posso voglio comando', si ritrova a guerreggiare con Paviotti che non soltanto è stato eletto con i Cittadini, ma è di fatto più realista del re. Paviotti, come si diceva, non ha i voti e il consenso di Travanut, ma conta su rapporti politici a persone a lui vicine che ricoprono ruoli chiave o strategici. Prima  di approdare a Trieste, era stato nominato presidente di Bluenergy. Conta anche su ottime relazioni con alcuni esponenti della maggioranza di Terzo di Aquileia come il segretario del deputato Coppola e della segretaria dell’assessore regionale Panontin. Ma può vantare anche cordiali rapporti con alcuni settori del centro destra e viene pure indicato come l’uomo del centro sinistra più vicino alla Chiesa. E Travanut? Affabula. Ragiona. Disquisisce. Critica. Ha i voti.

Tra i due contendenti...spunta Savino
Vero è che la maggioranza politica di Cervignano che sembra una sorta di armata imbattibile (usque tandem…?) è lacerata dai personalismi dei due e  fa sempre una grande difficoltà a schierarsi. Ma c’è di più perché tra i due litiganti spunta Gianluigi Savino, attuale primo cittadino, costretto giocoforza al ruolo di equilibrista che lo ha fatto di professione essendo un segretario comunale. Savino non ha alcuna fretta di schierarsi. Sa infatti che il tempo potrebbe giocare a suo favore. E’ consapevole cioè che nel 2018, quando si andrà al rinnovo del consiglio regionale, Travanut e Paviotti saranno ultrasessantenni e con una ridottissima capacità di contrattare un posto al sole. Savino, che è anche presidente dell’Uti, ha scelto di temporeggiare. Di lasciare che le  cose facciano il loro corso. Di non intervenire nello scontro Travanut-Paviotti. E di  non prendere posizione. Insomma, una scelta strategica che ripercorre i personalismi degli altri due. Con buona pace del centrosinistra che tra due anni potrebbe risvegliarsi improvvisamente orfano di tanti consensi.