29 marzo 2024
Aggiornato 09:30
Il racconto sulla via del ritorno

La testimonianza di Daniele Mozzi: con il suo cane tra le macerie di Amatrice

Il segretario del Cnsas del Fvg (istruttore nazionale) è stato tra i primi volontari del Fvg ad arrivare in provincia di Rieti: «Siamo atterrati ad Accumoli e poi, via terra, abbiamo raggiunto Amatrice. Qui abbiamo cominciato a operare».

UDINE – E’ stato tra i primi ad arrivare sui luoghi del terremoto che ha colpito il Centro Italia. Daniele Mozzi è un istruttore nazionale del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico: il suo compito è istruire le unità cinofile, cioè il binomio tra cane e conduttore. Mozzi, che è anche segretario del Cnsas del Fvg, è arrivato ad Accumoli, nella provincia di Rieti, con il suo cane già mercoledì mattina, verso le 11.30. In Lazio è stato portato da un elicottero della Protezione civile regionale, in quanto il suo è uno dei pochi cani addestrati alla ricerca di persone sotto le macerie. Insieme a Mozzi, dal Fvg, è partito anche Luca Zanette.

«Siamo stati allertati subito dopo la scossa di mercoledì notte – racconta Mozzi al telefono – e appena è stato organizzato il trasporto dalla Protezione civile, siamo stati portati in provincia di Rieti con un elicottero. Siamo atterrati ad Accumoli e poi, via terra, abbiamo raggiunto Amatrice. Qui abbiamo cominciato a operare».  Mozzi ha lavorato tra le macerie ininterrottamente da mercoledì mattina. Fino a giovedì pomeriggio, quando è ripartito alla volta del Friuli, ricevendo il cambio da altri due operatori cinofili del Cnsas del Fvg. Sul posto anche due unità cinofile del Coordinamento regionale della Protezione Civile. Un lavoro che, purtroppo, non ha consentito di trovare sopravvissuti. «Non sono state rinvenute persone vive, solo decedute», conferma Mozzi con un filo di voce.

Dopo la nuova scossa che ha fatto tremare nuovamente il Lazio giovedì pomeriggio, è stato deciso di sospendere le ricerche con i cani nel sito di Amatrice. «La situazione è molto brutta: concentrata in zone specifiche – racconta Mozzi –. Operare in questi luoghi è molto rischioso, perché le vie di fuga sono molto poche». Le case distrutte erano, in prevalenza, costruite in sassi e in materiali poveri. La polvere, tra le macerie, è molta. Mozzi, durante la sua permanenza ad Amatrice, non ha avuto occasione di incontrare gli abitanti del luogo. «Il centro dove abbiamo operato era completamente disabitato. I residenti sono stati tutti evacuati. Operare in questi luoghi non è stato facile», conclude Mozzi, che aver lavorato, insieme al proprio cane, per più di 30 ore nel paese simbolo del terremoto.