29 marzo 2024
Aggiornato 09:30
Pare si tratti del primo caso del genere che riguarda il Paese

La Corte europea condanna l'Italia per l'omicidio di Remanzacco

Era il 26 novembre del 2013 quando il muratore Andrei Talpis (ora in carcere), moldavo di 49 anni, uccise con una coltellata il figlio Ion, che di anni ne aveva appena 19

REMANZACCO – «Non agendo prontamente in seguito a una denuncia di violenza domestica fatta dalla donna, le autorità italiane hanno privato la denuncia di qualsiasi effetto, creando una situazione di impunità che ha contribuito al ripetersi di atti di violenza, che alla fine hanno condotto al tentato omicidio della ricorrente e alla morte di suo figlio». Si è pronunciata così la Corte europea dei diritti umani nel condannare l'Italia. Il caso oggetto della sentenza riguarda un omicidio avvenuto a Remanzacco alcuni anni fa.

I fatti
Era il 26 novembre del 2013 quando il muratore Andrei Talpis (ora in carcere), moldavo di 49 anni, uccise con una coltellata il figlio Ion, che di anni ne aveva appena 19. Il giovane era intervenuto per difendere la madre dalla violenza del marito che quella sera era rientrato nella loro di Remanzacco ubriaco e aveva cominciato una discussione con la moglie, poi degenerata e quindi finita in tragedia, come la cronaca racconta. All’origine del litigio c’era proprio una denuncia della donna, Elizaveta, che aveva allertato i carabinieri. Gli uomini dell’Arma in quell’occasione avevano fatto portare in ospedale l’uomo, evidentemente alterato dall’alcol. Andrei era stato dimesso la sera stessa. Rientrato, si era scagliato contro la donna e il figlio si era frapposto, restando ucciso. Non era la prima denuncia, che risaliva al 2012, cui poi ne sono seguite altre. Richieste di intervento fatte anche da parte dei vicini di casa della coppia.

La sentenza
I giudici di Strasburgo hanno dunque condannato l’Italia per aver violato alcuni articoli della Convenzione europea dei diritti umani. In particolare l'articolo 2, sul diritto alla vita, l’articolo 3, in merito al divieto di trattamenti inumani e degradanti; ma anche il 14, che riguarda il divieto di discriminazione. La Corte europea ha inoltre riconosciuto 30 mila euro per danni morali e 10 mila per le spese legali alla donna. Lo Stato italiano è accusato di non aver agito con sufficiente rapidità per proteggere la donna e il figlio dalla violenza del marito e padre. La sentenza definitiva solo tra 3 mesi a patto che le parti non facciano ricorso. Pare si tratti della prima condanna dell'Italia, da parte della Corte europea, per un reato riguardante il fenomeno della violenza domestica.