29 marzo 2024
Aggiornato 16:30
Il 28 settembre 2017

Dopo i domiciliari a Mazzega, lo sfogo del nonno di Nadia su Radio 24

«L’ultima volta è stata nel giovedì prima. Abbiamo cenato insieme. Lui è figlio unico, viziato. Adesso si trova con papà e mamma. Io non riesco a immaginarlo. Non riusciamo a darci pace. Noi gli abbiamo dato tutta la fiducia. Ora gli sputerei in faccia»

DIGNANO - Francesco Mazzega è tornato a casa. Certo, si sapeva. Un giorno sarebbe successo. Il giudice ha deciso. Ma lo sdegno non è mancato. Ovviamente. L'insofferenza per un sistema che non funziona (almeno all’apparenza, se qualcuno può affermare con certezza il contrario, batta un colpo) si fa sentire (ricordiamo anche la petizione). Mancava solo quel ‘famoso’ braccialetto elettronico, che permetterà di controllare a distanza la posizione di Mazzega. Perché sì, il giudice dl Tribunale del Riesame di Trieste ha deciso, ancora un mese fa. 30 giorni esatti dopo che Nadia è stata soffocata. 

Ora Francesco starà a casa dei genitori a Muzzana. Sì. E Nadia? Lei non può decidere dove stare. C’è chi ha deciso per lei. La sua famiglia è ovviamente a pezzi. Hanno perso una figlia, una giovane donna che tutti descrivevano come una ‘brava ragazza’. Il paese è attonito. La gente è arrabbiata. Non si capacita. Lei è morta e lui è a casa. Certo, qualcuno può obiettare, è ai domiciliari, pur sempre una misura cautelare. Ma insomma. Ha tolto la vita a una persona. Forse non era il caso di dargli i domiciliari, no? I legali di Francesco hanno detto che si trova in uno stato «di profonda prostrazione, fisica e mentale», secondo le descrizioni «in palese stato confusionale». Non sono un psicologo. Ma immagino che dopo aver compiuto un simile gesto una persona non si possa sentire come prima.

Oggi, però, alla ribalta delle cronache (passatemi il termine) c’è il nonno di Nadia, il signor Giovanni. Nella mattinata del 28 settembre è stato raggiunto telefonicamente dai conduttori de ‘La Zanzara’, la nota trasmissione di Radio 24. Gli hanno domandato proprio della scarcerazione di Mazzega. «Già si sapeva, aspettavano solo questo famoso braccialetto, però è una vergogna». E come dagli torto?

«A noi ci è caduto il mondo addosso, eravamo una famiglia unitissima. - ha spiegato -  Lo abbiamo accolto e tenuto come un figlio questo individuo, per un anno. Mandava anche delle lettere di ringraziamento ai genitori di Nadia. L’ultima volta è stata nel giovedì prima. Abbiamo cenato insieme». Ricorda Giovanni. «Nella mia vita ho pensato al lavoro non a queste cose. Lui è figlio unico, viziato. Adesso si trova con papà e mamma. Io non riesco a immaginarlo. Non riusciamo a darci pace. Noi gli abbiamo dato tutta la fiducia. Ora gli sputerei in faccia». E poi si ferma Giovanni, non vuole parlare oltre, perché non vuole, forse (ipotizzo), esagerare con le parole. Certo è che Francesco «In carcere deve stare». Si, signor Giovanni. Francesco ha sbagliato, ha commesso un omicidio. Dovrebbe stare in carcere. Eppure non è così. Forse qualcosa non va (probabilmente il forse va tolto dalla frase, però).

Allora, Signori, voi, sì, 'lassù', su quelle belle e comode poltrone, potreste provvedere a cambiare le cose? Perchè noi 'quaggiù' siamo stufi di sentire che le cose vanno al contrario. Che non funzionano come dovrebbero, almeno non sempre e non per tutti. Non è possibile sentire questo nonno che chiede giustizia per la sua famiglia e per sua nipote morta ammazzata, rivolgendosi alle più alte cariche dello Stato (e ancora una volta ricordo la petizione), dire che lui e i suoi cari ormai «pensano per il futuro degli altri, perché purtroppo ce ne sono ogni giorno di queste storie». Non si può. Chi sbaglia, paga. Non è questo che ci viene insegnato quando siamo bambini?