18 aprile 2024
Aggiornato 13:30
Il 5 novembre 2017

Maratona di New York: quando la corsa è metafora di vita. La storia di Michelle

“È un obiettivo che in molti dovrebbero prefissarsi. Quando superi il traguardo, qualcosa in te è cambiato. Io mi sono sentita più sicura. Mi sono resa conto che sono riuscita a governare il dolore"

UDINE - «I giorni che ho vissuto a New York sono stati un tripudio di emozioni e sensazioni uniche, mai provate prima. È stato anche sopportare il dolore fisico, saperlo gestire, e riuscire a viverlo, con gioia, accettandolo e ringraziandolo. Questa maratona è stata una sfida, un andare oltre la paura. L'avevo immaginata e sognata tante volte, sofferta e temuta altrettante». Tutto è nato per caso. Michelle, una spumeggiante 28enne udinese con la passione per la zumba? (di cui è istruttrice Zin), sta frequentando un master, il Micap - Master internazionale in coaching ad alte prestazioni – e proprio nell’ambito di questo suo percorso di studi la giovane friulana è stata messa davanti a una prova: tagliare il traguardo della Maratona di New York.

La Grande Mela, l'attentato, la corsa, la città che non si ferma
Per raggiungere l’ambito obiettivo, «ci siamo preparati tutto l’anno», racconta. «Là c’era un tifo incredibile. A New York adorano i maratoneti. La gente è stata tutto il giorno sotto la pioggia per vederci passare. Incredibile». Era la prima volta per Michelle. La prima nella Grande Mela. La prima come maratoneta. Il suo aereo è atterrato il 31 ottobre, il giorno di Halloween. Non appena acceso il cellulare le è arrivato un messaggio. C’era stato un attentato. Diversi i morti. Nonostante questo, lei non ha percepito angoscia, paura. «L’America non si ferma. Questa è la sensazione che ho avuto. È in continuo movimento. In continuo avanzamento. Le persone erano tranquille – spiega - mi sarei aspettata un altro atteggiamento. Tutti invece erano positivi, le strade erano piene. Ha piovuto da quando sono partita a quando sono arrivata, eppure le mamme con i bambini ci aspettavano un chilometro dopo l’altro sulle staccionate, erano lì a fare il tifo, sul viso stampato un sorriso. È stato bello, un simbolo, se vogliamo, a non fermarsi, ad andare avanti. Un po’ come fa la maratona, insomma».

Corsa e vita
Per lei che questa esperienza la rivivrebbe molto volentieri, è stata un po’ una metafora di vita: «È un obiettivo che in molti dovrebbero prefissarsi. Quando superi il traguardo, qualcosa in te è cambiato. Io mi sono sentita più sicura. Mi sono resa conto che sono riuscita a governare il dolore. A raggiungere un obiettivo nonostante fisicamente stessi male e il fatto di aver mantenuto l’entusiasmo per tutti i chilometri, nonostante la pioggia, la sofferenza, la paura di non farcela, è stato incredibile». È per questa ragione, che lei, carica di entusiasmo, si sente di consigliarla a tutti un’esperienza così: «Soprattutto quando si affronta un momento non molto brillante o buio». Perché quando il futuro non è chiaro «mentre corri, senti che ti stai ‘risistemando’, stai ripercorrendo il tuo passato e stai mirando meglio gli obiettivi del tuo futuro». Insomma, aiuta a «cambiare la prospettiva». Perché come scrive Paula Radcliffe: «La maratona rappresenta l'esistenza: ha punti bassissimi, che devi superare, e momenti d'estasi, che ti sforzi di prolungare. È un'esperienza spirituale attraverso la quale entri più profondamente in contatto con te stessa, trovando le risposte che cercavi».