28 marzo 2024
Aggiornato 23:00
Il dato

Confagricoltura Fvg: il 2017 è stato un altro anno difficile per il settore primario regionale

Il valore aggiunto agricolo si è ridotto del 3,4%. Diminuiscono anche gli occupati. In Fvg, bene la viticoltura, male la zootecnia, stabile la cerealicoltura

FVG - Il 2017 è stato un anno difficile per l’agricoltura italiana e friulana. Nei primi nove mesi dell’anno il settore primario aveva già accumulato un calo del 3,4% del valore aggiunto in termini reali rispetto allo scorso anno. Secondo le stime del Centro Studi Confagricoltura, se queste variazioni saranno confermate su base annua, il valore aggiunto del settore agricolo tornerà al di sotto di quello registrato nel 2012. Questo dato è lo specchio di un settore che vive una fase congiunturale difficile, ancora una volta in controtendenza (negativa) rispetto all’andamento dell’economia generale del Paese. Livelli delle produzioni insoddisfacenti per vari motivi (andamento climatico, calo degli investimenti, ecc.), instabilità dei prezzi di vendita (spesso in forte calo) di molti prodotti agricoli, alti costi dei mezzi di produzione ed eccesso di burocrazia hanno compromesso la redditività di coltivazioni e allevamenti e la fiducia delle imprese.

La situazione in Fvg rispecchia quella nazionale 
Anche il 'boom' delle esportazioni di prodotti agricoli e alimentari, che nel 2017 dovrebbero superare i 40 miliardi di euro, in realtà evidenzia da un lato la conferma della dinamica positiva per i prodotti dell’industria alimentare (con un saldo tra esportazioni e importazioni stimato in +2,8 miliardi di euro), ma dall’altro il persistere del saldo negativo per quanto riguarda gli scambi di prodotti agricoli (con un saldo stimato in -7,3 miliardi di euro).
Notizie non buone vengono anche dal versante dell’occupazione in agricoltura: diminuiscono soprattutto gli autonomi (-3,2%) e in particolare le donne (-7%); segno negativo, pure per i dipendenti (-2,2%) con, anche in questo caso, una flessione più rilevante per le donne (-8,4%).
«La situazione del Fvg è molto simile – spiega Claudio Cressati, presidente di Confagricoltura Fvg –. Il comparto vitivinicolo ha avuto dei buoni risultati, nonostante le gelate tardo-primaverili che hanno interessato parecchi territori. Le esportazioni sono in crescita e le nuove Doc (Pinot grigio Delle Venezie e Friuli) hanno portato una ventata di positività nel comparto che è stata colta da molti viticoltori: oltre 500, a esempio, hanno già sposato la Doc Friuli, con una rinnovata sensibilità ambientale. Infatti, sono oltre 110 le aziende del Friuli VG che hanno aderito al Sistema di qualità nazionale di produzione integrata, per oltre 7.200 ettari e crescono notevolmente quelle che praticano l’agricoltura biologica (854 aziende per 14.000 ettari)»

Meno mucche, più capre o pecore
La zootecnia si trova ancora in una situazione di chiaroscuro. Infatti, si registra una diminuzione complessiva delle aziende regionali con produzioni zootecniche, che passano da 7.527 di inizio anno alle attuali 5.972. I bovini allevati sono 80.952 contro gli 82.800 dello scorso anno. In crescita, invece, i suini che dai 250.500 capi passano a 262.700 che, però, vengono macellati soprattutto fuori regione (i capi italiani macellati in strutture regionali si sono dimezzati in un anno, passando da oltre 9.700 agli attuali 4.600). In controtendenza gli ovicaprini, che salgono da 26.300 a 29.600 capi. È continuata la crescita dell’agriturismo, anche se di poco, con le attuali 656 aziende regionali che si dedicano all’accoglienza e alla ristorazione (erano 643 l’anno precedente). Il mais, dopo una partenza rallentata dalle gelate primaverili, si è sviluppato bene, ma la siccità e le forti raffiche di vento unite alla pressione della diabrotica (insetto terricolo) hanno limitato le produzioni. Per quanto concerne la soia, si evidenzia la preoccupante diffusione della cimice asiatica per la quale non si è ancora trovata una soluzione concreta. Il mercato cerealicolo ha proposto prezzi con un andamento piuttosto stabile, in controtendenza rispetto all’elevata volatilità registrata negli ultimi anni. Parallelamente a questo, si è visto l'affermarsi di filiere nazionali che permettono, in alcuni casi, di spuntare un premio sui prezzi di vendita», conclude Cressati.