19 aprile 2024
Aggiornato 20:30
1976

Terremoto: 42 anni fa la scossa che cambiò il Friuli

L’Orcolat, l’orco che nella tradizione friulana fa tremare la terra, è tornato quasi ogni notte nelle menti chi quel 6 maggio si trovava in uno dei comuni colpiti

UDINE - La sera del 6 maggio 1976 in Friuli la terra tremò e in pochi secondi un mondo intero, una cultura, una comunità crollarono. Era un un giovedì sera e da poco erano trascorse le 21. Soltanto l'alba successiva si comprese la vastità del sisma, con crolli e vittime un po' ovunque. 

LA SOLIDARIETA’ E LO STATO - Subito cominciò la solidarietà con centinaia di giovani friulani che raggiunsero i luoghi colpiti dal sisma e squadre coordinate dai sindaci, dai Vigili del fuoco e dagli alpini della Julia. Nei paesi più colpiti dalle scosse furono salvate vite umane, grazie al lavoro - a mani nude - di tantissimi volontari. Il giorno dopo lo Stato arrivò con Giuseppe Zamberletti subito nominato commissario straordinario dal presidente del Consiglio Aldo Moro. 989 furono i morti, 40 mila gli sfollati, 20 mila le abitazioni distrutte. Ma da quella devastazione nacque un modello di ricostruzione. Il Friuli, da terra arcaica e agricola, ha saputo rialzarsi e diventare più moderna, più forte, più industrializzata. Non è stato facile. Soprattutto perché proprio quando tutto sembrava essere alle spalle, a settembre, l’11 e il 15, altre due scosse violentissime fecero tornare a galla le antiche paure. Ma il friulano, si sa, non molla. Non piange e si rimette subito a lavorare. Soffre, ma si tiene tutto dentro, e lavora, lavora, lavora.

NULLA FU PIU’ COME PRIMA - Provate a chiedere a un friulano nato prima del 1976 dove si trovava la sera del 6 maggio. In pochi istanti sarete pervasi da ricordi, emozioni, aneddoti. Nessuno ha dimenticato, anche chi quel catastrofico evento l’ha sentito solo raccontare perché troppo piccolo per ricordarselo direttamente, l’ha tenuto dentro, l’ha tramandato a sua volta. Il sisma del 1976, per un friulano, è uno spartiacque: quando si racconta la propria vita c’è sempre un ‘prima’ e un ‘dopo’ terremoto. In poco più di un decennio il Friuli è stato ricostruito, al motto di ‘prima le fabbriche, poi le case e le chiese’. L’Orcolat, l’orco che nella tradizione friulana fa tremare la terra, è tornato quasi ogni notte nelle menti chi quel 6 maggio si trovava in uno dei comuni colpiti, ma non ha impedito alle genti friulane di andare avanti, di guardare al futuro, di ricominciare a vivere.
La ricostruzione del Friuli è diventata esempio nazionale, grazie a quel ‘modello Friuli’ basato sulla fiducia, sull’autonomia, sulla delega dallo Stato alla Regione, e da quest’ultima ai sindaci, veri protagonisti della rinascita.