19 aprile 2024
Aggiornato 07:30
Arte

Ancora cinque opere straordinarie in arrivo alla mostra di Illegio 

Quattro dipinti dalla Galleria Tretyakov di Mosca e uno da una collezione privata londinese mai giunto fino ad ora in Italia

TOLMEZZO - Si completa di cinque opere straordinarie la nuova mostra di Illegio, «Padri e figli», inaugurata lo scorso 13 maggio 2018, che prende per mano il visitatore conducendolo attraverso la bellezza e la forza di 60 capolavori dedicati al legame fondamentale, tenero e forte al tempo stesso, talvolta difficile o ferito, all’origine della vita di ogni persona. Sono da oggi in mostra, infatti, quattro dipinti provenienti dalla prestigiosa Galleria Tretyakov di Mosca, sicuramente uno dei più bei musei della Russia, e un’opera di collezione privata londinese, mai vista in Italia prima d’ora. Le opere russe costituiscono in sé una sintesi dell’intera mostra. Con neoclassica e raffinata impostazione, il primo passo è quello dell’opera di Aleksandr Andreevič Ivanov, Priamo ai piedi d’Achille, del 1824, fedele agli insegnamenti ricevuti dal padre pittore e dagli altri maestri dell’Accademia Imperiale d’Arte e poi ulteriormente segnato da quasi trent’anni di permanenza in Italia che lo condussero a meditare specialmente sulla lezione di Raffaello. L’episodio, narrato nel XXIV libro dell’Iliade, rievoca l’audacia e l’umiltà del vecchio re troiano che implora l’eroe sprezzante degli achei per ottenere il corpo martoriato del defunto figlio Ettore: Achille mostra d’essere vulnerabile non soltanto al tallone, ma anche nel cuore di figlio che ancora gli batte nel petto, assalito dal ricordo del proprio padre che attende impaziente di poter un giorno riabbracciare il figlio e vinto dal pianto di Priamo che non potrà mai più riabbracciare il suo.

LE CARATTERISTICHE DEI QUADRI - Il secondo passo conduce dalla storia antica e mitologica alla storia moderna nel cuore della Russia. È il dipinto di Vyacheslav Grigorievich Schvarts, Ivan il Terribile accanto al figlio che ha ucciso, del 1864, a immergerci nel clima mesto e drammatico del leggendario zar che, dopo aver colpito a morte suo figlio in un accesso di collera, ora lo rimpiange smarrito accanto al suo cadavere, meditando quanto sia inutile governare il mondo intero se poi non si sa governare se stessi. Schvarts dipinse questo momento appena ritornato da un viaggio a Berlino e in altre località europee che lo segnò profondamente, orientandolo a consacrarsi alla rappresentazione pittorica della storia del suo popolo, secondo una visione dell’arte romanticamente intrisa di riverberi del passato e accesa da passioni patriottiche.  Impossibile non restare commossi dall’opera di Vasily Vereschagin, La visita al padre carcerato, del 1868, che coglie un momento al tempo stesso di dolcezza luminosa e di tristezza profonda, gettando lo sguardo sul bimbo che s’allunga per giocare con la catena che stringe in ceppi il piede del papà. Figlio di un padre aristocratico e proprietario terriero, avviato alla carriera militare navale dalla sua famiglia, Vereschagin manifestò molto precocemente una grande propensione al disegno e alla pittura e maturò un profondo senso di orrore per la guerra, di cui aveva personalmente conosciuto il vero volto e a causa della quale aveva anche perduto un fratello. Per questo forte senso di fedeltà al reale fino ai suoi lati più inguardabili e dolorosi, si distaccò presto dalle convenzioni accademiche e, ammirando la forza di alcuni artisti francesi votati al realismo critico e crudo, come Jean-Louis Gérôme, scelse soggetti di forte impatto sociale.  Si approda poi alla mistica vera e propria con Mikhail Vasilyevic Nesterov e il suo piccolo e delizioso La visione del giovane Bartolomeo, del 1889, lavoro preparatorio di quello che lui stesso considerò per tutta la vita il suo massimo capolavoro. Nesterov aveva da poco convertito in un viaggio a Parigi il ricavato dalla vendita a Pavel Tretyakov del suo L’eremita: l’incontro con l’arte occidentale ed in particolare con l’esposizione universale del 1889, nella quale rimase rapito dalla contemplazione della Jeanne D’Arc di Jules Bastien Lepage, lo orientarono verso un’arte che avrebbe dovuto sì scavare nella storia e nell’identità dei popoli, non però per celebrarne le glorie mondane e militari, ma per far affiorare a chiara coscienza la missione spirituale nella storia del mondo di cui ciascun popolo è portatore. Ogni pennellata di Nesterov è impregnata del clima mistico che dà voce alla cosiddetta idea russa, alla percezione ciò di una grande missione spirituale che la Russia ha rispetto all’umanità e che sta al centro dell’esperienza letteraria e filosofica di uomini come Solov'ëv, Tolstoj, Dostoewskij e Florenskij. Il soggetto prescelto da Nesterov è il giovane Bartolomeo, che diventerà da adulto san Sergio di Radonez, figura fondamentale della spiritualità ortodossa, protagonista fin da bambino di un’apparizione e di diversi fenomeni soprannaturali.

NON SOLO OPERE RUSSE - Accanto alle quattro opere russe, ad Illegio si è aggiunta anche l’opera di Johann Rottmayr von Rosenbrunn, Lot e le figlie, dipinta tra il 1690 e il 1700, proveniente da un grande collezionista privato londinese e inedita a tutt’oggi in Italia. Il dipinto oltretutto sarà ammirabile accanto a un’opera di Carl Loth, che del Rottmayr fu il maestro principale, avviandolo a quel linguaggio vaporoso e barocco, segnato dal gusto per il colore veneziano che il maestro aveva a lungo studiato e per l’anatomia michelangiolesca delle figure. Il dipinto, mostrando sullo sfondo il destino di Sodoma e in primo piano l’inganno del vino e della carne di cui Lot rimarrà vittima, era destinato a trasmettere un messaggio per l’educazione morale dei figli che abitavano la dimora in cui stava, rievocando ai loro occhi il complesso episodio biblico.  La mostra «Padri e figli» ancora una volta conferma, anche con i prestiti della Galleria Tretyakov e di prestigiose raccolte private, come Illegio sia un interlocutore stimato dalle più importanti collezioni d’arte del mondo. Basta ricordare come alle mostre di Illegio abbiano voluto contribuire con prestiti di capolavori di primo piano musei come il Louvre e il D’Orsay di Parigi, la National Gallery di Londra, il Prado e il Thyssen-Bornemisza di Madrid, la Gemäldegalerie di Berlino, il Kunsthistorisches Museum e la Galleria Belvedere di Vienna, i Musei Vaticani, il Palazzo del Quirinale, gli Uffizi di Firenze, la Pinacoteca di Brera, il Museo Nazionale di Capodimonte, le Gallerie dell’Accademia di Venezia. Tra questi come tra molti altri musei di grande rilievo, per quanto meno noti al grande pubblico, le mostre organizzate ad Illegio dal Comitato di San Floriano sono tenute in grande considerazione, sia per l’elevato profilo scientifico – che si coglie nell’articolato progetto scientifico di ogni mostra, inviato a ciascun prestatore con la richiesta delle opere, e che si riflette poi nella qualità dei cataloghi curati dal Comitato stesso –, sia per la complessa organizzazione di cui ormai il «sistema-Illegio» ha dato solida prova, con standard di attenzione alle opere d’arte e alle procedure di allestimento e di curatela del tutto adeguate alle attese dei musei più esigenti sul panorama internazionale. Non ultimo aspetto, poi, a colpire i prestatori audacemente contattati dall’organizzazione illegiana, è il taglio iconologico ed esistenziale della mostre che stanno conquistando decine di migliaia di visitatori in più di anno in anno: non un’ennesima rassegna monografica su un autore o su un genere pittorico, né un’operazione senza studi sul piano storico-critico, ma una seria ricerca del nesso tra un determinato tema e la sua iconografia, cogliendo le chiavi di lettura che svelino i significati delle immagini nel contesto spirituale e culturale che le ha generate. Non per nulla, i visitatori di «Padri e figli» ad Illegio escono dalle sale della mostra come da un pellegrinaggio dell’anima, avvinti dalla bellezza di sessanta opere molto intense e al contempo messi in stato di domanda e di ricerca interiore, in particolare alla scoperta dell’essenza della paternità e del nostro essere figli, tra nostalgie, gratitudini e fatiche.