19 marzo 2024
Aggiornato 04:30
Il 24 giugno

Il 'Mazzo di San Giovanni': le erbe 'magiche' della tradizione

Aqua, fuoco, Santi, Terra: una giornata a cavallo fra fede religiosa e tradizione pagana, una giornata per chiedere una benedizione per i mesi a venire

Il 'Mazzo di San Giovanni': le erbe 'magiche' della tradizione
Il 'Mazzo di San Giovanni': le erbe 'magiche' della tradizione Foto: Pixabay

Da un lato la tradizione Cattolica, dall’altro quella pagana da cui la prima, inevitabilmente, ha tratto ‘ispirazione’ per molti suoi rituali. A pochi giorni dal Solstizio d’Estate (il 21 giugno) c’è un’altra giornata particolarmente importante per la tradizione del Friuli Venezia Giulia: una di quelle usanze che profumano d’antico e che narrano di vicende lontane, di quando il popolo che abitava questo lembo di terra, attraversato da così tante e lontane genti, coltivava con attenzione i suoi folclori legati al culto e al rispetto della Madre Terra. Si tratta del 24 giugno (anche detto Natale d'Estate). La tradizione Cattolica vuole che quello sia il giorno in cui è nato San Giovanni Battista, figura chiave nella vita di Cristo. Colui che lo battezzò (il ‘Precursore’ che annunciò la venuta del Signore, unico Santo insieme alla Madonna di cui si celebra il giorno della nascita terrena oltre quello del martirio).

L'ACQUA - E proprio l’acqua (purificatrice) è uno degli elementi chiave nelle ritualità più antiche legate a questo giorno: si riteneva infatti che nella ‘magica’ notte di San Giovanni (quella a cavallo fra il 23 e il 24 giugno) dal cielo scendesse una rugiada dagli effetti ‘miracolosi’. Sarebbe il Santo (per i cattolici) a benedire la terra e tutti gli esseri viventi con il suo sangue trasformato in rosade. E proprio quelle piccole, preziose, gocce di rosiata erano cercate ardentemente dagli innamorati (diversi, anche, i rituali per ottenere di responsi d'amore), alla ricerca di un buon auspicio, e dalle donne, per garantirsi la fertilità, ma anche per tenere lontane le malattie. Sempre le donne, all’alba, raccattavano una tovaglia stesa sull’erba la sera precedente. Il loro scopo era raccogliere più rugiada possibile per poi conservarla in una bottiglia, a loro disposizione durante tutto l’anno.

IL FUOCO - Fra le ritualità più diffuse, proprio nella notte (del 23 giugno, vigilia) di San Giovanni, c’è anche quella dei falò (generalmente accesi su alcune montagnole): in origine accesi dai contadini, avevano una funzione purificatrice, e propiziatoria nei confronti del sole, cui si ‘chiedeva’ di rallentare la sua corsa verso le tenebre dell’inverno. Oggi questi riti vengono ancora praticati nelle Valli del Natisone, dove troviamo il Kries e in Val Resia, con i Kriss, i caratteristici falò di Gniva, località in cui sempre in quegli stessi giorni c’è il lancio delle 'cidule', le ruote infuocate.

LE ERBE DEL MAZZO - Assieme ai falò in questa occasione (anche detta ‘la notte delle streghe’) si era soliti confezionare il 'Mazzo di fiori di San Giovanni' (in friulano il 'Maç di San Zuan'), talvolta il mazzetto veniva gettato nei fuochi propiziatori, altre volte tenuto sotto il cuscino o portato con sé. In alternativa c’era chi confezionava dei talismani. In ogni caso l’obiettivo era il medesimo: proteggere delle negatività e dalla malasorte.

E le piante che annualmente davano (e danno) forma al ’Maç di San Zuan' non erano scelte a caso (Iperico, Artemisia, Menta, Salvia, Verbana, Ribes, Mandragora, Rosmarino, Lavanda, Felce, ma anche la Camomilla, l’Asparago selvatico, il Sambuco, la Ruta), ma ciascuna nascondeva un significato particolare. Ognuna avrebbe portato protezione contro qualcosa: le streghe, il maligno, il malocchio. Era (è) fede, profonda. Era (è) intenzione, preghiera, nel chiedere una benedizione per contrastare i danni atmosferici. È indubbiamente un retaggio antico di genti che vivevano grazie ai doni che l’amata Terra dava loro. Forse c’è molto, oggi, da (ri)imparare.