24 aprile 2024
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Il 19 luglio 2018

Notte delle meraviglie con Francesco De Gregori

Tutti in piedi per "4 marzo 1943" ad omaggiare il fratello co-fondatore della Banana Republic e poi il gran finale dove il nostro sciorina il meglio di se, il meglio del cantautorato del bel paese, che come lui in pochi, nelle dita di una mano

LIGNANO - Ogni tanto, lo confesso, mi prende un nodo alla gola. Quando vado a vedere un concerto di questi mostri sacri, a momenti, temo, che ci saranno ancora poche occasioni per poterli ascoltare. Eh già, perché se guardi l'anagrafe non è difficile accorgersi di come siano passati tanti anni da quell'era irripetibile e come spesso i media riportino titoli con l'attore tizio scomparso o il musicista caio che non c'è più.

La decisione è quindi drastica: non perdermi più neanche uno di loro, mai. Principio quanto mai sensato ieri sera in quel di Lignano laddove si esibiva Francesco De Gregori. Alto, magro, barba poco curata, cappello schiacciato in fronte ed occhiali scuri, andatura di chi ha visto tutto del mondo e di nero vestito ci incanta immediatamente con gli inconfondibili testi recitati su giri southern-blues. Quello che mi piace di lui, ma proprio tanto, è che la proverbiale lirica è scritta per se medesimo e lungi dal qualsiasi ruffianamento o facile appeal con il pubblico. Va così - semplicemente - da cinquant'anni.

Che cosa dire quando il Dylan italiano, che ha sempre rifiutato etichette o paragoni, si cimenta con una cover del Bob premio Nobel da pelle d'oca? "Non è buio ancora" taglia l'aria afosa dell'Alpe Adria in un'attenzione surreale. Un maestro che omaggia un altro maestro, di più non c'è niente.

E poi ci sono i classici. E lì ti rendi conto della grandezza della poesia di FDG: lui riesce ancora a far ritornare l'insopportabile ed onnipresente calcio un qualche cosa di romantico con un tuffo nella leva calcistica del '68, pacifica un paese spaccato in due dalla guerra civile tramite la cucina del cuoco di Salò, ci ricorda che ognuno è vittima ed assassino in direzione Africa proprio come il suo protagonista, Celestino. Seduzione, sortilegio, preveggenza.

Tutti in piedi per "4 marzo 1943" ad omaggiare il fratello co-fondatore della Banana Republic e poi il gran finale dove il nostro sciorina il meglio di se, il meglio del cantautorato del bel paese, che come lui in pochi, nelle dita di una mano. Forse meno. Anche se le hai ascoltate distrattamente, non sei un suo fan, anche se non le si capisce (proprio perché non c'è "niente da capire") ci sono delle strofe che ti sono rimaste in testa e che puoi fare ciò che vuoi ma da lì non usciranno mai più; perché sono perfette, perché sono vive, perché le ha scritte DeGregori: i ragazzi di terza classe che per non morire si va in America, senza ali e senza rete voleremo via, e quel qualcosa che rimane fra le pagine chiare e le pagine scure. Autobiografie, di ognuno di noi.

Siparietto con la moglie in un'improbabile "Anema e Core" che ti lascia quanto meno sbalordito, ma siccome ti ricordi che non è così che se ne andrà eccolo subito a farsi perdonare con l'incantevole "Alice" a chiudere una serata a dir poco magica. Ed è così che da Lignano, nel paese delle meraviglie, è tutto.