29 marzo 2024
Aggiornato 07:00
Cultura

L’omaggio a Mario Bonnard a Le Giornate del Cinema Muto di Pordenone

Ci sono delle giornate in cui ti fa piacere che non ci sia bel tempo; il clima autunnale ed uggioso si sposa perfettamente al mood della rassegna

PORDENONE - Uno sguardo penetrante, occhi incavati d’una espressività che richiama il maligno, antesignano di Rodolfo Valentino che ad egli invidierà l’aura misteriosa. Profilo da Dante in licenza - e chiudo - con la descrizione maniacale quanto impeccabile del suo biografo. L’incedere morbido e a bilancia di rassicurazione del piano di Mauro Colombis, in una buca a sfida dell’ordine temporale e a totale servizio di un’arte che forse non sapeva di essere tale. O almeno non quanto. Ancora quello sguardo. Mario Bonnard, che se non bastasse il profilo con quel nome non puoi far altro che l’attore.

Ci sono delle giornate in cui ti fa piacere che non ci sia bel tempo; il clima autunnale ed uggioso si sposa perfettamente al mood della rassegna. Le Giornate del Cinema Muto di Pordenone è considerato uno dei 50 migliori ed influenti festival in materia al mondo. E ce n’è ben donde. L’accoglienza è high-class e hai l’impressione che una città intera ruoti attorno alla manifestazione, che non aspetti altro durante l’arco dell’anno.

All’interno di una rassegna di nicchia la scelta è per un evento, al suo interno, ancor più di nicchia, se vuoi. L’omaggio a Mario Bonnard, si diceva, attore romano noto durante il Ventennio per impersonare spesso la figura del dandy all’italiana, latin-lover ante-litteram e precursore di uno stile che (sebbene gli adattamenti alla contemporaneità) è ancora sulla cresta dell’onda. Regista in seguito, non avrebbe potuto esimersi dal dirigere una delle tante versioni del Fra’ Diavolo, con un notevole successo di pubblico e critica.

Due 35mm dell’anno 1912. Satana, o meglio un estratto, ad aprire. La salita al Calvario di Gesù Cristo, un paesaggio molto simile al nostro Carso, le sovraccentazioni di espressività tipiche del pre sonoro e - naturalmente - il volto di Bonnard. Provate ad immaginare nella parte di chi? Satana, troppo facile.

Parsifal, a seguire. Ancora tematica religioso-mitologica, ambientazioni in esterna, effetti speciali di un’ingenuità che oggi ci strappa un benevolo sorriso ed ancora quel pianismo che sottolinea e mai incalza. Se il thriller ed il noir dovevano ancora nascere, qui è sufficiente l’espressività del protagonista che si fa carico di un’interpretazione agli antipodi della precedente: è Amfortas, il custode del Graal che cederà alle tentazioni carnali della maga Kondrie, quest’ultima interpretata da Mary Cleo Tarlarini - altro volto che buca lo schermo a distanza di oltre cent’anni e che porti a casa con te volente o nolente assieme alla sua prepotenza evocativa.

Da diavolo tentatore e vittima della tentazione. Eclettismo, versatilità, magnetismo. E così mi sovviene che anche Pordenone ha uno strano karma: da capitale del punk a quella del cinema muto, vedo gli amici del great complotto e Mario Bonnard che se ne vanno a braccetto giù per viale Martelli, in dissolvenza, in una giornata uggiosa, autunnale.

Serata da incorniciare. E per gli appassionati che se lo sono perso - mercoledì 10 alle ore 20.30 - ancora Bonnard ne ‘I promessi sposi’ nei panni di attore e regista. Esecuzione dal vivo a cura della Nuova Orchestra da Camera Ferruccio Busoni con Orchestra Naonis per la direzione di Massimo Belli. Da non mancare.