23 aprile 2024
Aggiornato 10:00
L'intervento

Segnali di crisi, l'appello della Cgil: «Investire sul manifatturiero»

Pezzetta: «Serve più coraggio da parte di imprese e Regione. Non disperdiamo i sintomi di ripresa»

UDINE - «C’è un filo comune a legare i fronti di crisi che hanno caratterizzato lo scorcio finale del 2018. La carenza di fiducia e di investimenti sul nostro tessuto economico e in particolare sul manifatturiero». È con queste parole che il segretario generale Villiam Pezzetta dà voce alle preoccupazioni della Cgil per un anno che incomincia con segnali contrastanti: da un lato i sintomi di ripresa che hanno caratterizzato tutto il primo semestre del 2018, dall’altro il perdurare di incertezze su alcune delle principali realtà del manifatturiero, dalla Ferriera di Servola alla Snaidero, dal triangolo della Sedia ai distretti della componentistica e del mobile, cui si sommano i nuovi segnali di crisi che provengono da comparti in salute come l’agroalimentare e la logistica. «Tutto questo – aggiunge Pezzetta – in un quadro generale che resta sì caratterizzato da un andamento finalmente positivo delle assunzioni, ma anche da una crescente precarizzazione del mercato del lavoro, trasversale a tutti i comparti, e da una perdurante crisi dell’occupazione giovanile».

GLI INVESTIMENTI - A gravare sulle prospettive di ripresa in regione non solo il rallentamento dell’economia mondiale, ma anche problemi specifici emersi nelle vertenze più recenti come la bassa capitalizzazione, la forte esposizione finanziaria seguita alla crisi, le difficoltà nel passaggio generazionale, lo spettro delle delocalizzazioni. «Ognuna delle crisi scoppiate nell’ultima parte del 2018 – questa l’analisi di Pezzetta – ha motivazioni specifiche, ma è indubbio che i segnali di rallentamento della domanda globale si innestano su una situazione ancora segnata da una scarsa propensione agli investimenti. Anche per questo auspicavamo che la Finanziaria regionale 2019 esprimesse un maggiore sforzo su questo versante, mentre abbiamo l’impressione che il ricorso al debito vada più nella direzione di un incremento della spesa corrente che a sostegno degli investimenti pubblici e privati. All’amministrazione regionale, comunque, riconosciamo anche un’attenzione a molte delle istanze portate avanti dalle parti sociali, che trova espressione in particolare nelle misure già varate o in cantiere in materia di politiche attive del lavoro e sulla sicurezza, come gli incentivi per il ricollocamento dei disoccupati in età matura. Resta purtroppo la nota dolente di un’impostazione ideologica tesa a limitare, attraverso l’inasprimento del criterio di residenza, l’accesso dei cittadini stranieri all’edilizia agevolata, alla scuola, al welfare».

SOS PRECARIETÀ - Il 2018, con un dato medio di 512 mila occupati e un picco di 523 mila nel terzo trimestre, ha confermato una tendenza alla ripresa delle assunzioni, con un incremento medio di 6 mila occupati rispetto ai primi 9 mesi del 2017. «È una dinamica positiva, anche se temiamo possa risentire del rallentamento degli ordini che ha caratterizzato la parte finale del 2018 – commenta Pezzetta – ma caratterizzata da un crescente ricorso al lavoro precario, in particolare contratti a termine e interinali, e trainata più dal terziario che dal manifatturiero. Solo i dati aggiornati al quarto trimestre, inoltre, ci diranno se c’è stata un’inversione di tendenza anche per l’occupazione giovanile, che in base ai nostri segnali non mostra invece veri sintomi di recupero. Resta irrisolto, inoltre, anche il grande tema del lavoro povero, in particolare nella filiera degli appalti, che pone l’esigenza di una riqualificazione anche attraverso nuove regole sulle gare pubbliche, a partire dall’esclusione delle gare al massimo ribasso».

AMMORTIZZATORI E SICUREZZA - A rafforzare le preoccupazioni sulle prospettive economiche e occupazionali anche i dati sul ricorso alla cassa integrazione, che pur mantenendosi su livelli molto più bassi rispetto agli anni più duri della crisi, ha fatto segnare un nuovo rialzo nella seconda parte nel 2018. «Le richieste di Cig nei primi 11 mesi dell’anno – ha spiegato Pezzetta – risulta in calo del 13% rispetto al 2017, ma dopo un calo del 38% nel primo semestre, a partire da luglio registriamo un incremento del 45%. È un segnale di preoccupazione, perché molte aziende, anche per effetto delle nuove e più stringenti regole sugli ammortizzatori, sono vicine all’esaurimento del plafond, con il rischio di nuovi esuberi, in particolare se l’inizio del 2019 dovesse confermare i segnali di rallentamento emersi negli ultimi mesi del 2018». Altro campanello d’allarme quello sulla sicurezza, alla luce di un andamento infortunistico purtroppo in aumento sia nel totale dei casi denunciati (+4,3% tra gennaio e ottobre) sia nelle morti sul lavoro, ben 25 nei primi dieci mesi del 2018, contro le 22 di un 2017 che già si chiuse con un deciso aumento.

QUOTA 100 - Al centro dell’analisi della Cgil anche l’impatto della Finanziaria nazionale su economia e lavoro. «Il giudizio della Cgil resta condizionato negativamente – spiega Pezzetta – dall’assegna di un disegno di politica industriale e di sostegno agli investimenti. Il reddito di cittadinanza rappresenta una soluzione sbagliata a un problema reale, quello della crescita della povertà, che va affrontato creando condizioni strutturali per la ripresa delle assunzioni». Quanto a quota 100, per Pezzetta «è una risposta parziale alle esigenza di cambiare la riforma Fornero, ma rappresenta sicuramente un passo in avanti, che ci auguriamo possa favorire un turnover occupazionale non solo nell’ambito del lavoro privato, ma anche nei comparti pubblici».