28 marzo 2024
Aggiornato 23:00
Tradizioni

Falò epifanici: in Fvg ne esistono 70 tipi diversi

A gara si accendono i fuochi sulle colline, sulla pianura sulla costa e mentre le fiamme si stagliano verso il cielo, la gente trae ancora auspici per l'anno

UDINE - Fuoco. Simbolo purificatore e rigeneratore. Le sue fiamme sono segno dell’azione fecondante e illuminatrice. Ed ecco che un nuovo anno inizia ancora una volta con un rito che vede proprio nel fuoco l’elemento centrale. Stiamo parlando dei falò epifanici. Una tradizione che si perde nella notte dei tempi. Un folclore che fonde il sacro col profano. Un’usanza che ritroviamo certamente in molte regioni d’Italia, ma che in Friuli Venezia Giulia è particolarmente sentita. Un rito simbolico, propiziatorio, immancabile, cui si affiancano celebrazioni religiose altrettanto antiche e sentite. Ecco che ogni piccolo borgo, paese, tutte le città, dalla montagna alla costa, si apprestano a preparare il loro pignarûl: piccoli o grandi, poco importa, ciò che conta è che ci siano e che ancora una volta la tradizione venga rispettata! Ecco quindi che accanto all'accensione del pignarûl grant di Tarcento troveremo fuochi rituali lungo tutta la regione, ciascuno con un proprio nome.

Oltre 70 modi per chiamare i falò epifanici!

Proprio così! Perchè non possiamo parlare solo di pignarûl. I falò epifanici in Fvg hanno molti nomi. Non c’è infondo da meravigliarsi se pensiamo, non solo ai molti dialetti parlati, ma anche alle innumerevoli sfumature della lingua friulana. La professoressa Piera Rizzolatti ne ha fatto un interessante saggio oltre 20 anni fa, nel 1996 (analizzando anche le definizioni utilizzate nel vicino Veneto). Lo studio è stato pubblicato su «Ce fastu?», periodico della filologica friulana (per i più curiosi il testo è disponibile sul sito www.filologicafriulana.it). Quanti sono quindi i modi per definire i falò epifanici? Ben oltre 70. Ecco allora che accanto al «fofolò» di  Dignano e Vidulis troviamo «fogarèle»«fogarèla» o  «fugarèle» che sono invece tradizionalmente utilizzati a Manzano, Interneppo (fuoco di S. Giovanni e S.Pietro).  
«Fogarissa»«fogarisse»«fugarisse»«fugarizze» hanno trovato maggiore diffusione a Cividale, Orsaria, Premariacco, S. Marizza, Precenicco, Buttrio, Corno di Rosazzo, Palazzolo dello Stella. Si chiama invece «fouc da la Befana» ad Andreis e Barcis. A Venzone è anche noto come «fùc di S. Zuan» o » fùc di S. Pieri e Pauli». É «minili» a Cavazzo Carnico. «Pan e vi» o «panevin» nell’udinese, a Mortegliano, Martignacco, Lavariano, Castions di Strada, S. Maria la Longa, Montenars, Erto, Pasiano, Brugnera, Tamai, Maran, S. Cassiano, Caneva, Porcia, Rorai, Budoia, Polcenigo, S. Quirino. Detto questo, come la stessa Rizzolatti ha precisato nella sua analisi, «La tendenza odierna vede il progressivo estendersi» del termine pignarûl «a fianco delle forme locali su cui sta pian piano prendendo il sopravvento». Perciò che Pignarûl sia, qualunque nome vogliamo dargli!

Non solo falò

Il giorno dell’Epifania, quindi, in tutta la regione si respira un’aria fatta di emozioni e di storia, di memoria e di speranza. A seguire i fuochi della vigilia e a precedere quelli della sera del 6 gennaio, ci sono due suggestive rievocazioni: la Messa dello Spadone e quella del Tallero. A Cividale la prima e a Gemona la seconda. Cortei colorati, gesti e canti rituali, fanno da scenografia alle celebrazioni ecclesiastiche antichissime. E quando si fa sera da Coia si illumina il Pignarûl Grant. A gara si accendono i fuochi sulle colline, sulla pianura sulla costa e mentre le fiamme si stagliano verso il cielo, la gente trae ancora auspici per l'anno che inizia, augurandosi sempre sia un anno propizio e carico di novità positive.