27 aprile 2024
Aggiornato 00:30
Pontebba

Bracconaggio in Alto Friuli: 2 persone ai domiciliari

In tre anni hanno abbattuto illegalmente 200 ungulati tra caprioli, cervi e camosci, disponendo di un vero e proprio arsenale illegale

PONTEBBA - In tre anni hanno abbattuto illegalmente 200 ungulati tra caprioli, cervi e camosci, con un pesante impatto sulla gestione della fauna regionale, vanificando in parte l’impegno delle Riserve di caccia di Venzone, Pontebba e Moggio Udinese. Due i provvedimenti restrittivi decisi dalla Procura di Udine in seguito alle indagini condotte dalla Polizia di frontiera di Tarvisio e della Squadra mobile di Udine, con la collaborazione del Nucleo operativo per l’attività di vigilanza ambientale e personale del Corpo forestale regionale. A finire nei guai sono stati un 54enne italiano residente a Pontebba, A.B. le sue iniziali, finito agli arresti domiciliari, e D.B., un 60enne italiano, residente in Veneto, nei cui confronti è scattato l’obbligo di dimora nel comune di Pontebba. E’ stata decisa, inoltre, la perquisizione nei confronti di due indagati, padre e figlio, residenti sempre a Pontebba. Tutti sono accusati di bracconaggio, anche con l’utilizzo di armi detenute illegalmente.

Rinvenuto un vero e proprio arsenale

Gli agenti, nel corso delle operazioni, hanno rinvenuto un imponente arsenale tra cui fucili, coltelli da caccia e silenziatori, alcuni dei quali ancora in costruzione, una banda chiodata, visori notturni e foto-trappole, cellulari e numerosi walkie-talkie fino a pietre di sale per attrarre gli animali. Un’indagine iniziata nel 2013, che ha visto Polizia di Stato e Corpo forestale collaborare in perfetta sinergia sin dal principio. Sin da quando, a seguito di numerosi e ripetuti episodi di furti, danneggiamenti e minacce rilevati nel territorio dell’Alto Friuli, la Procura di Udine, che ha coordinato l’intera operazione di polizia giudiziaria, delegava le forze di polizia ad approfondire e collegare quanto sin a quel momento appreso e denunciato.

Persone senza scrupoli

La conoscenza del territorio, dei metodi e delle dinamiche della caccia abusiva da una parte, l’esperienza investigativa dall’altra, hanno permesso di raggiungere ottimi risultati in termini di ricerca delle fonti di prova. Il rinvenimento e il sequestro di un fucile nascosto a pochi passi dal cimitero di Pontebba ha consentito l’emissione delle due misure cautelari. L’operazione, se da un lato è solo un’ulteriore conferma dell’ampia diffusione del bracconaggio soprattutto nella zona montana della nostra regione, dall’altro evidenzia la spregiudicatezza di chi era dedito a questa attività. Non si facevano scrupoli a utilizzare armi illegali o clandestine e a intimidire la popolazione con minacce e danneggiamenti.