28 marzo 2024
Aggiornato 23:00
UDINE

Dazi Usa: c'è preoccupazione in Friuli. L'export vale 434 milioni di euro

Gli Stati Uniti sono il primo mercato per i vini e il quarto mercato di sbocco delle aziende della provincia di Udine

UDINE - L’amministrazione Trump, dopo che già a giugno aveva imposto dazi del 25% sull’acciaio e del 10% sull’alluminio, minaccia ora di metterne altri su vari prodotti importati dall’Europa, tra i quali molti del comparto alimentare, sui vini, oltre che sulle auto. Gli Stati Uniti, secondo le elaborazioni dell’Ufficio Studi di Confindustria Udine, rappresentano il quarto mercato di sbocco delle aziende della provincia di Udine.

«Nel 2018 – conferma Anna Mareschi Danieli, presidente egli Industriali friulani - l’export verso gli Stati Uniti, attestatosi a 434 milioni di euro, è cresciuto del 17,8% rispetto al 2017 e del 60,8% rispetto al 2016 trascinato da macchinari e apparecchiature (113 milioni di euro, +37,8% nel biennio 2018/2016), prodotti in metallo (101 milioni di euro, +322,75%), prodotti della metallurgia (66 milioni di euro, +58,6%), mobili (62 milioni di euro, +22,1%), prodotti alimentari e bevande (21 milioni di euro). Gli Usa per le bevande, ed in particolare per i vini, rappresentano il primo mercato per le esportazioni friulane rappresentando il 22,3% del totale delle vendite nel mondo».

Viceversa le importazioni dagli Usa, già relativamente modeste, sono diminuite nel 2018 del 19,6%, passando da 25 a 20 milioni di euro, con un’ulteriore crescita dell’avanzo commerciale attestatosi a 414 milioni di euro. «Va da sé – conclude la presidente di Confindustria Udine - che l’eventuale applicazione di dazi potrebbe avere ripercussioni sulle esportazioni di alcuni prodotti, anche se un primo bilancio di sei mesi di dazi ha rilevato uno scenario inaspettato, con le esportazioni friulane delle prime tre voci metalmeccaniche che sono cresciute complessivamente del 23,2% nel secondo semestre del 2018 rispetto al primo semestre. Le ragioni di questo risultato sono da ricercarsi nel delta tra i prezzi italiani e statunitensi, che permettono ancora margini di guadagno. Per quanto riguarda, infine, i vini, l’elevata e riconosciuta qualità delle nostre produzioni potrebbe ragionevolmente assorbire l’eventuale aumento del prezzo di vendita».