26 aprile 2024
Aggiornato 01:00
Concerto

La notte mistica di Loreena McKennitt

Folkest al castello di Udine per un’artista amatissima in Fvg

UDINE - The mystic’s dream: brano di apertura, titolo della cartolina della serata udinese, descrizione di una carriera. Loreena McKennitt ritorna aclamatissima in un Friuli che da sempre la accoglie a braccia aperte; la sua musica - qui - ha un qualchecosa di estremamente familiare. Il pubblico di Folkest, dal palato sopraffino, e trasferitosi in massa nella più bella location per concerti della nostra regione (a personale avviso di chi parla) tributa omaggio ad una delle musiciste che meglio ha saputo nel corso degli anni attingere dalla profonda tradizione celtica per creare un unicum stilistico che, al tempo, la incoronò (magari in modo riduttivo) a regina della New Age. Una carriera che parte in stile menestrello d’altri tempi, suonando a guisa di musa picaresca in stazioni di treni o sagrati di chiese, e che alla metà dei ‘90s raggiunge il mainstream grazie ad un pezzo che strizzava l’occhio al pop di Moonlight Shadow.

The bonny swans, che sarà proposta a metà spettacolo, inondata in un oceano di applausi. E poi un grave lutto, la depressione e il ritiro dalle scene durato anni. Il ritorno, spalleggiata dai fidi Bryan Hughes alle chitarre a alla fatina Caroline Lavelle, violoncello, compagni di viaggio e di vita insostituibili. La rossa canadese, con il tipico incedere apollineo di eterea eleganza, negli anni si è spostata dall’arpa, al pianoforte, alla fisarmonica: colpisce la cristallinità di una voce per la quale venne soprannominata «the soprano siren». Il duetto con la Lavelle di Bonny Portmore è di un’intensità difficile da sostenere. Silenzio religioso nel sogno mistico di una notte di mezza estate di shakespeariana memoria e che ti porta fuori dal tempo. In un’altra Era.

Tremila presenze, la rampa che porta al parco del castello, un’ascesa che esattamente vent’anni prima molti dei presenti avevano ottemperato per un altro mito della musica celtic-pop: sua maestà Mike Oldfield, mr campane tubolari. E cornice più perfetta gli organizzatori non avrebbero potuto studiare, con l’arco delle alpi carniche a far da fondale, a suggellare il rito armonico. Con voce eterea e tono confidenziale la McK ci racconta di storie di paesi lontani, molto far away, nel tempo e nello spazio; l’esigenza di salvare la nostra comune mother earth ed il credo di costruire un qualcosa di molto simile a quello che il menestrello per eccellenza di casa nostra - tale Angelo Branduardi - ha definito come Futuro Antico. E poi viene da chiedersi chissà quante struggenti ballate mancano al repertorio di Loreena se solo avesse peregrinato maggiormente in questi luoghi ameni, con fonti di ispirazione pressoché illimitate tra beneandanti, pian delle streghe, argonauti e le disavventure amorose tra i vari Luigi Da Porto e Lucina Savorgnan. Chissà come si sarebbe divertita! Si chiude con i bis di Lady of Shalott e la nostalgica Dante's prayer con il disperato monito che sfuma in dissolvenza «please remember me, please remember me». Commozione, distacco, evoluzione. Loreena McKennitt si, è molto probabile che ti ricorderemo.