29 marzo 2024
Aggiornato 05:30
La presa di posizione

Categorie unite: no allo sconto in fattura

Confartigianato, Confcommercio, Confapi e Cna chiedono al governo di mettere mano alla norma che penalizza le piccole imprese

UDINE - Lo sconto in fattura introdotto dal decreto Crescita va modificato. Così com’è stato pensato non funziona se non per i grandi operatori finanziari. L’agevolazione rischia infatti di tradursi in un boomerang per le realtà più piccole, costrette a far da banche ai cittadini, ad anticipare cioè gli incentivi dell’Ecobonus e del Sismabuonus recuperandoli poi come credito d’imposta nell’arco di cinque anni. Per la gran parte delle piccole, piccolissime e medie imprese la previsione è insostenibile e va cambiata. Lo chiedono a una sola voce i leader regionali di Confartigianato, Confapi edilizia, Confcommercio e Cna. Una richiesta corale indirizzata al Governo giallo-verde affinché, se non cancellare tout court la norma, provveda a riscriverla.

Non vanno penalizzate le imprese più piccole

«Al Governo non chiediamo di spazzar via lo sconto in fattura, ma di ripensarlo, così da conciliare le esigenze dell’utilizzatore finale a quelle delle piccole imprese - dichiara il presidente di Confartigianato Fvg, Graziano Tilatti -. E’ giusto consentire anche a chi non ha crediti fiscali di realizzare interventi di rigenerazione, questo però non deve penalizzare le realtà imprenditoriali più piccole. Per questo chiediamo al Governo che modifichi la norma, introducendo per le imprese meccanismi di compensazione immediata del credito, anziché dilazionata in cinque anni, o di incasso contestuale della parte che eccede quanto dovuto al Fisco. Solo con queste modifiche, che vanno fatte in fretta, pena vanificare gli effetti positivi del provvedimento sul ciclo economico, la norma troverebbe un suo bilanciamento - aggiunge Tilatti - tra le legittime esigenze dei committenti e quelle altrettanto legittime delle imprese».

Non piace il sistema di rimborso

Gli fa eco il presidente di Confcommercio Fvg, Giovanni Da Pozzo: «La nuova opportunità introdotta dal Decreto Crescita agevola sulla carta la riqualificazione e innesca un maggiore dinamismo nel mercato delle costruzioni. Riteniamo tuttavia che crei una discriminazione delle piccole imprese a vantaggio degli operatori di maggiori dimensioni e capacità finanziaria, con la conseguenza di restringere le possibilità di offerta per i consumatori finali. A lasciare perplessi - prosegue Da Pozzo - è il meccanismo di rimborso tramite un credito d’imposta da utilizzare esclusivamente in compensazione, in cinque anni. Le Pmi del 'sistema casa', che non dispongono della capacità finanziaria per anticipare lo sconto al cliente e non sono in grado di sopportare l’onerosità dell’operazione di cessione del credito, rischiano concretamente di essere tagliate fuori dal mercato».

Articolo 10 lesivo della libertà di concorrenza

Critica anche Confapi Fvg, che vaticina per le imprese «l’impegnativa e spiacevole condizione di trovarsi nel prossimo futuro a far da banca ai propri clienti». «Questa norma - sottolinea l’associazione - incide in maniera significativa sull’equilibrio finanziario aziendale, soprattutto delle piccole realtà mentre per quelle più strutturate può rappresentare anche un’occasione di acquisizione di nuova clientela. L’intervento deve essere ripensato nella sua interezza, di mezzo ci sono le piccole e medie realtà produttive, asse portante del sistema economico del nostro Paese». Cna, dal canto suo, ribadisce la totale contrarietà al provvedimento «che non solo non porterà alcun tipo di crescita, ma consegnerà anzi un intero comparto nelle mani di pochi grandi operatori economici - afferma il presidente di Cna Fvg, Nello Coppeto -. L’articolo 10 è lesivo della libera concorrenza e avrà un impatto negativo sulle piccole imprese. Questo - conclude - è un decreto 'decrescita' a cui ci opponiamo in ogni modo: Cna impugnerà il provvedimento davanti al Tar e presenterà ricorso al Tribunale Civile per concorrenza sleale».